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Islam in Italia, il dialogo per il futuro

“I musulmani in Europa tra jihadismo e islamofobia. La sfida dell’integrazione” è il titolo dei due incontri del programma «Il minareto tra i campanili» tenuti da Mostafa El Ayoubi, caporedattore della rivista Confronti, in Sicilia, il 5 e 6 maggio scorsi, a Pachino, presso il Centro sociale ecumenico valdese, e a Scicli, presso la Casa delle Culture – Mediterranean Hope. Parlare di dialogo in tensione tra i due fenomeni opposti, l’islamofobia e lo jihadismo, è oggi ancor più urgente, lo abbiamo chiesto a El Ayoubi.

Mostafa El Ayoubi, che cos’è il progetto «Minareto tra i campanili»?

«Il progetto «Minareto tra i Campanili» è nato nella seconda metà degli anni Novanta su iniziativa di Confronti con il sostegno dell’ 8 per mille della Chiesa Valdese, Unione delle chiese metodiste e valdesi. Lo scopo del progetto è sempre stato quello di sensibilizzare la società civile riguardo ai pregiudizi nei confronti dei musulmani in Italia, che sono in maggioranza immigrati. Nello stesso tempo il progetto mirava a promuovere il dialogo con la nascente comunità islamica. A quel tempo i musulmani erano meno di mezzo milione. Oggi sono più di un milione e mezzo. Un terzo circa degli immigrati presenti sul territorio italiano. Il progetto ha accompagnato la crescita dell’islam in Italia.»

Perché è oggi necessario il dialogo interreligioso?

«La crescente islamofobia e il razzismo in Italia hanno reso sempre più necessario il dialogo e quindi questo tipo di progetto grazie al quale Confronti ha sviluppato buoni rapporti con le diverse e composite comunità islamiche. E grazie a questo approccio al dialogo Confronti è oggi in prima linea a livello nazionale nella promozione del dialogo interreligioso, in particolare con le comunità musulmane. Negli ultimi anni il dilagare dello jihadismo nel mondo arabo (dal quale proviene due terzi dei musulmani che vivono in Italia), e della islamofobia in Europa (dove vivono più di 20 milioni di musulmani), ha reso sempre più necessario investire nel processo del dialogo con i musulmani.»

Quali sono le difficoltà ancora presenti?

«Ė più che mai un dovere civico perseverare nel dialogo, in quanto sappiamo che il futuro del paese ė irreversibilmente multiculturale e multireligioso. L’8% della popolazione scolastica ė composta da bambini e ragazzi di origine non italiana, molti dei quali di cultura islamica. L’assenza dello Stato nell’elaborazione di un modello di integrazione di questa realtà è palese. A volte le istituzioni stesse si rendono complici nel consolidamento delle discriminazioni nei confronti dei musulmani. Basti pensare al provvedimento della Regione Lombardia varato nel gennaio scorso, volto a limitare la costruzione dei luoghi di culto. Lo scopo di fondo era quello di impedire ai musulmani di disporre di un luogo di preghiera.»

Perché è importante il dialogo interreligioso tra le stesse comunità religiose?

«L’islamofobia è oggi molto diffusa nel paese, e anche le chiese, tra cui quelle del mondo protestante, non sono immuni da questa patologia. Per questo motivo negli ultimi due anni il progetto «Minareti tra i Campanili» si è concentrato sulle realtà evangeliche, proponendo una serie di incontri con diverse chiese in Italia. Dal 2014 il tema proposto è quello della presenza islamica in Italia. Iniziativa che ritengo «profetica» a fronte del dilagare dello jihadismo di cui sono protagonisti anche musulmani europei, come dimostra la drammatica vicenda di Charlie Hebdo in Francia, avvenuta all’inizio di quest’anno; come anche la questione dei cittadini europei, compresi alcuni italiani, che oggi combattono in Siria e in Iraq nelle fila del famigerato Isis.»

Come proseguire da qui in poi?

«Con ulteriori dibattiti e incontri, anche tra le comunità, quelle cristiane e quelle musulmane. Diverse iniziative per parlare di questa situazione sono state organizzate presso le comunità evangeliche dal nord al sud del Paese, con l’intento di destrutturare la dilagante islamofobia e favorire il dialogo; cosa che è non solo utile, ma a mio avviso necessaria per la convivenza pacifica di noi tutti oggi, ma ancor di più per le generazione future.»