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Avventisti, dall’assise mondiale ancora un rinvio sul pastorato femminile

A Sant’Antonio in Texas i 2500 delegati  che hanno partecipato ai lavori della Conferenza generale della Chiesa avventista hanno scelto di non scegliere, rinviando alla prossima assise, prevista fra un lustro ad Indianapolis, la decisione sull’avvio del pastorato femminile.

Tema controverso che fa emergere sensibilità e velocità differenti fra varie parti del globo (la Conferenza generale riunisce le 13 regioni amministrative mondiali in cui si suddividono gli avventisti) e che viene sostanzialmente mitigato dalla possibilità per le donne di accedere all’anzianato nelle chiese locali, e di svolgere pressoché ogni attività pastorale, esclusa la celebrazione di un matrimonio perché il testo delle Intese avventiste con lo Stato italiano non prevede questa possibilità per chi non risulta essere ufficialmente ministro di culto.

I voti espressi sono stati 2.363 su una mozione approvata al Consiglio annuale del 2014, che è un incontro amministrativo dei leader della chiesa mondiale. La mozione recitava quanto segue: “Dopo aver studiato la questione della consacrazione in preghiera e in base alla Bibbia e agli scritti di Ellen G. White, nonché i rapporti delle commissioni di studio, e dopo aver considerato attentamente cosa sia meglio per la chiesa e per l’adempimento della sua missione, ritiene accettabile che il comitato esecutivo di una divisione possa adottare disposizioni per la consacrazione delle donne al ministero pastorale, laddove ciò si ritenga appropriato alla realtà territoriale? Sì o No.”

Quindi rimane valido il divieto per le 13 divisioni di prendere decisioni indipendenti in merito alla considerazione e alla possibile attuazione della consacrazione delle donne al ministero pastorale, lasciando invariato lo status quo e rinviando possibili discussioni al 2020.

La Chiesa avventista italiana da anni sollecita l’approvazione del pastorato femminile, ricordando il ruolo decisivo delle donne fin dagli albori del movimento . In una bella intervista sul tema, dalle colonne di Notizie Avventiste, la neo presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia Dora Bognandi ricorda che «nel nostro Paese la prima donna responsabile di comunità risale ai primi anni del ‘900 a Pisa, e nello stesso periodo in varie parti del mondo accadeva la stessa cosa.  Mano a mano però che la chiesa subiva un processo di istituzionalizzazione le donne scomparivano dai ruoli di leadership »-.

Quindi le donne hanno sempre operato liberamente ma fino ad ora è mancata la necessaria delibera votata da una Conferenza generale. E non si tratta solo di un capriccio o di un cavillo già superato de facto dalla consuetudine: si tratta del riconoscimento paritario dei due sessi all’interno della comunità di fede.

Foto: Dora Bognandi