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A Napoli nel quartiere Ponticelli arriva Emergency

Quando si attraversa il quartiere Ponticelli – il più popolato e il più giovane di Napoli – si prova la sensazione che la bellezza sia stata bandita: palazzoni di cemento dove le finestre sembrano cellette di un alveare; stradoni ampi che diventano discariche abusive; cancellate arrugginite; sterpaglie; parabole satellitari sistemate in fila indiana sui «bipiani» (baraccopoli di amianto in cui vivono ancora centinaia di persone, soprattutto stranieri).

In questo “non luogo”, simbolo di isolamento e degrado, il 1 settembre è stato aperto un ambulatorio di Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada che offre cure mediche gratuite non più solo nei paesi in guerra ma anche in Italia, dove sebbene il diritto alle cure sia riconosciuto dalla legge, nella pratica cresce il numero delle persone – straniere e italiane – che non ha accesso alle cure mediche. La struttura, che si trova vicino al parco comunale «fratelli De Filippo» (10 ettari di verde, più volte ristrutturato ma perennemente chiuso), è stata messa a disposizione dal Comune di Napoli, ed Emergency l’ha ristrutturata grazie al contributo della Tavola Valdese e ai fondi raccolti con la campagna Sms solidale «La salute è un diritto di tutti».

Nello squallore generale, l’ambulatorio di Emergency è un tributo alla bellezza. Appena si entra lo sguardo è catturato da un albero piantato nel bel mezzo della sala di aspetto, che assomiglia piuttosto ad una piazza, dove i colori caldi invitano a prendersi del tempo per l’incontro, il dialogo e la cura. Su due delle pareti rosse – il colore di Emergency – risaltano le parole degli articoli 11 e 32 della Costituzione italiana (rispettivamente il ripudio della guerra e la tutela della salute come diritto di tutti). Tanta bellezza è frutto della professionalità di Raul Pantaleo, architetto ufficiale di Emergency il cui lavoro, anche in giro per il mondo, è rendere belli i luoghi dove la gente viene accolta per ricevere aiuto e cure: perché costruire un luogo bello può fare la differenza.

Proprio a Ponticelli gli operatori dell’ambulatorio di Emergency vogliono provare a fare la differenza. Ma perché questo quartiere e non un’altra zona di Napoli, dove pure il bisogno è forte? È questa la prima domanda rivolta a Michele Iacoviello, coordinatore del progetto Ponticelli di Emergency.

Guarda la Gallery (Foto Marta D’Auria)

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«Ponticelli perché è una delle periferie più lontane dal centro, non solo fisicamente. Un quartiere che ha una realtà di disagio tutto italiano, nel quale stiamo cercando di portare avanti un concetto di medicina preventiva fatta di educazione e di monitoraggio dei percorsi di cura. Ma Ponticelli è anche un territorio dove lavora una grande realtà associativa. Già da alcuni anni conosciamo l’ospedale evangelico Villa Betania grazie ai rapporti di collaborazione intrapresi con l’ambulatorio di Emergency operativo a Castelvolturno (CE). Con il suo Pronto soccorso, Villa Betania è l’unico punto di riferimento sanitario per una popolazione di circa 60 mila persone. La nostra idea è di collaborare oltre che con Villa Betania e con la Chiesa valdese, che ci ha dato una grossa mano a realizzare questa struttura grazie ai contributi dell’Otto per mille, anche con le altre realtà qui presenti in modo da garantire un iter di cura che va dalla prevenzione all’intervento strettamente clinico».

Quali servizi offre l’ambulatorio?

«Al momento il centro, che è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18, offre gratuitamente servizi di medicina di base e di orientamento socio sanitario per facilitare l’accesso al sistema sanitario a chi ne ha bisogno; inoltre è disponibile un ambulatorio infermieristico per iniezioni, controllo parametri vitali, monitoraggio della terapia e medicazioni. L’attività dell’ambulatorio vuole così ridurre gli accessi impropri alle strutture di pronto soccorso, evitando lunghe attese e l’intasamento dei servizi di primo soccorso. A breve, poi, apriremo un ambulatorio di pediatria in considerazione del fatto che Ponticelli è un quartiere dove c’è un elevato numero di bambini, anche stranieri. Questi ultimi spesso non ricevono assistenza sanitaria, nonostante l’accordo nazionale, recepito dalla Regione Campania, sul diritto di ogni minore ad avere il suo pediatra».

Di quante unità è costituito lo staff che lavora all’ambulatorio?

«Ci sono: un medico, un infermiere, tre mediatori culturali, un logista (il ruolo richiede la gestione e la responsabilità di tutti i processi logistici e organizzativi del progetto, ndr), e un coordinatore di progetto. Poi contiamo sul sostegno di personale volontario: un paio di medici hanno già prestato volontariamente parte del loro tempo, e speriamo di sviluppare tutta una serie di progetti con il personale sanitario del posto che, conoscendo il quartiere e le sue dinamiche, possono aiutarci in maniera efficace».

Tornando al tema delle collaborazioni, oltre a Villa Betania con quali altri soggetti avete preso contatto?

«Prima di tutto con le Asl, in particolare stiamo firmando un protocollo d’intesa operativo con la Asl Napoli 1. Abbiamo poi un protocollo d’intesa con il Comune di Napoli, che ci ha autorizzato ad attivare questa realtà. Inoltre, stiamo prendendo contatti con altre associazioni in ambito laico e religioso: dalle associazioni cattoliche che lavorano con i campi rom, alle associazioni laiche che lavorano in centri di accoglienza o con categorie vulnerabili come i senza fissa dimora».

È trascorsa poco più di una settimana dall’apertura dell’ambulatorio. Che tipo di affluenza c’è stata e che tipo di utenza avete incontrato?

«Grazie al passaparola comincia ad afferire sempre più gente. La tipologia delle persone, poi, è varia: abbiamo avuto ragazzi subsahariani, del Senegal, della Nigeria, che sono venuti dal centro di Napoli, in particolare da piazza Garibaldi dove, prima di aprire l’ambulatorio, abbiamo fatto una serie di attività di volantinaggio. Stanno venendo poi molte persone dai campi rom della zona e diversi italiani, molti dei quali sono di Ponticelli».

Che tipo di accoglienza avete avuto?

«Al di là di quello che si può leggere sui giornali, abbiamo sentito la solidarietà della gente del quartiere. In generale mi sento ben accolto. Da noi passa gente curiosa che si informa e che apprezza quello che facciamo. C’è anche chi viene a porre i suoi dubbi rispetto ad interventi di questo genere sul territorio nazionale; c’è chi ad esempio critica il fatto che Emergency – da sempre impegnata nei territori di guerra – abbia aperto presidi in Italia. Ma, la realtà italiana è difficile, cresce la povertà e ci sono sempre più persone disagiate ai cui bisogni occorre dare una risposta».

Dunque, le premesse per iniziare un lavoro proficuo sembrano buone…

«Sì sono buone e con il tempo riusciremo a capire sempre meglio quali sono i bisogni della gente di Ponticelli e, in generale, di Napoli».

Foto Marta D’Auria