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Ucebi: missione integrale

Il teologo Paolo Ricca, in un intervento nel corso dell’ultimo Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, ha affermato che la chiesa è oggi gravemente malata. Una malattia che si constata nella disaffezione al culto, nella mancanza di gioia nella lode, nella vecchiezza dei canti e nella carenza liturgica.

Le chiese battiste in Italia hanno deciso di affrontare questa malattia con il farmaco chiamato missione integrale. Ed è per questa ragione che organizzano, attraverso il coordinamento dei dipartimenti e del ministero musicale, quattro convegni nazionali (Milano, 24 ottobre; Roma, 21 novembre, Mottola 12 dicembre; Catania con data da stabilire) dedicati al tema della missione integrale della chiesa. I convegni hanno lo scopo di aiutare le chiese a fare un’analisi di se stesse e di accompagnarle verso la riscoperta del sacerdozio universale, della molteplicità di doni presenti nella chiesa e di un sano equilibrio tra diaconia ed evangelizzazione.

La missione integrale, o trasformazione olistica, è la proclamazione e dimostrazione dell’evangelo (Dichiarazione di Michea sulla Missione Integrale, 2001). Nella missione integrale la nostra proclamazione dell’amore e del perdono ha conseguenze sul piano sociale e il nostro impegno sociale ha conseguenze evangelistiche perché testimonia della forza trasformatrice della grazia di Gesù Cristo. Come nella vita di Gesù, l’essere, il fare e il dire sono il cuore della missione integrale.

La missione integrale è dunque un’iniziativa che invita la chiesa locale a prendere atto – a partire dal proprio contesto – delle forze e delle debolezze della comunità, incoraggiando la chiesa a compiere integralmente i due compiti della sua missione, e cioè la diaconia locale e l’evangelizzazione. Così come non è possibile ridurre la missione a programmi sociali che escludono la proclamazione esplicita del vangelo, è altrettanto nociva per la causa di Cristo la riduzione della missione a una proclamazione che neghi la responsabilità sociale come aspetto essenziale della missione stessa.

Una chiesa locale realmente integrale insegna ai suoi membri: in primo luogo, a ubbidire ai comandamenti di Gesù di amare Dio e il prossimo come se stessi (Mt 22:37-39) perché, quanto più forte è il rapporto fra Dio e l’essere umano, tanto più forte sarà il rapporto fra le persone e il loro prossimo. La trasformazione olistica invita al movimento, alla metamorfosi, al cambiamento, alla conversione, a un cambiamento del cuore. Senza un cambiamento del cuore, senza un cambiamento dell’essere, senza rinascere di nuovo, nulla cambierà!

In secondo luogo, la chiesa locale veramente integrale aiuta i suoi pastori, ministri, membri e simpatizzanti a incamminarsi verso una crescita sana, e desidera che ciò accada anche con il prossimo esterno alla chiesa, affinché uomini e donne siano investiti da un cambiamento qualitativo della vita, sia nell’ambito sociale che in quello fisico, intellettuale e spirituale, che li aiuti a sviluppare pienamente la loro persona e a riconoscersi nella loro essenza di figli e figlie di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.

In terzo luogo, la chiesa locale realmente integrale è coinvolta  nel raggiungere persone e comunità nei loro bisogni concreti, mediante diverse modalità. Possono essere costituiti gruppi piccoli o cellule che fungano da punto di contatto con le persone in ricerca della fede; si possono organizzare dei progetti volti a captare i bisogni delle persone sul proprio territorio nella convinzione che per essere credibili, si devono mettere in azione tanto le chiese quanto i cristiani e le cristiane. Devono poter dimostrare agli uomini e alle donne, nel loro contesto, che possiedono qualcosa di concreto, visibile, positivo e costruttivo che può essere messo a loro disposizione.

C’è grande benedizione nella testimonianza della chiesa, quando essa dimostra l’amore di Dio nei fatti e non soltanto nelle parole. Per questo è altrettanto importante che la chiesa locale sia araldo dei senza voce, delle persone povere, bisognose, oppresse.

Le chiese devono reciprocamente incoraggiarsi ad affrontare i temi della giustizia, del diritto e della pace tra i popoli, consapevoli che il popolo di Dio deve opporsi a tutto ciò che minaccia la dignità umana. Per questo è importante che ogni membro di chiesa ascolti la chiamata di Gesù al discepolato e pratichi quotidianamente e consapevolmente il sacerdozio universale del credente.

La chiesa deve coinvolgere i suoi membri nella pratica del ministero integrale. E i membri devono idealmente possedere una fede contagiosa in Cristo, uno spirito di servizio, un cuore disposto a imparare e la capacità di evangelizzare!

In questo modo la chiesa potrà fare i conti con la sua malattia esercitandosi a essere una comunità d’adorazione e di verità. Una chiesa che non vive per se stessa, ma che è sostenuta attraverso il sacerdozio universale di ogni credente, sapendo essere fonte di speranza e luogo di responsabilità.