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L’Europa nel vagone letto della storia

Il saggio di Robert Musil Europa inerme*, curato ora da Vincenzo Vitiello e Francesco Valagussa (testo tedesco a fronte), che ne è anche il traduttore, è un articolo pubblicato nel 1922 su una rivista di Monaco. In poche righe, insieme luminose e oscure, l’autore infrange per certi versi nozioni considerate scontate. Egli, a esempio, sembra andare oltre la tradizionale distinzione fra «processo primario» (quello del sogno e della follia, irriverente nei confronti della logica corrente) e quello «secondario», fondato sul principio di non-contraddizione e su una certa linearità. Per cogliere ascesa e caduta di un tipo di uomo o di società, sostiene Musil, occorre spostare la ricerca «nelle periferie» o nel caso o, ancor meglio, presso la «necessità senza legge», dove una cosa tira l’altra, non casualmente, ma attraverso «una concatenazione che si estende a tutto il percorso senza legge alcuna».

Ed ecco il rammarico dell’autore: «con il nostro essere non siamo appesi ai fili di qualche marionetta del destino, bensì siamo legati a un numero incalcolabile di piccoli pesi legati confusamente tra loro, perciò possiamo dare noi stessi lo scossone decisivo. E abbiamo perduto questo sentimento». Una «e» che congiunge, certo, ma è più che mai amara. La fragilità dell’essere umano, sembra dire Musil, fa tutt’uno con la sua forza, e neppure ce ne accorgiamo.

E come non può scuoterci il seguente passo? «Il nostro tempo alberga una accanto all’altra (…) le più grandi antitesi: individualismo e senso della comunità, aristocraticismo e socialismo, pacifismo e bellicismo, vaneggiamenti della cultura e impulsi alla civilizzazione, nazionalismo e internazionalismo, religione e scienza della natura, intuizione e razionalismo», e innumerevoli altre. «Si perdoni il paragone, ma lo stomaco del tempo è nauseato e vomita sempre di nuovo in mille intrugli pezzi dello stesso piatto, senza digerirli». Il nostro tempo, poi, «realizza meraviglie» (i prodigi della tecnica), però non le percepiamo più come tali. E di nuovo un’immagine potente: accordando piena fiducia agli specialisti (a quelli che si trovavano, poniamo, nella macchina dello Stato), ci siamo coricati come in vagone letto, svegliandoci solo nell’istante dello schianto.

Al fondo di tutto, possiamo scorgere la discrepanza fra ideologie e vita: la quale si libera da esse «come i molluschi che crescono» e si privano del loro guscio ormai troppo stretto. E il richiamo alla vita, ai vissuti di ciascuno, coinvolge anche Lutero, padre della Riforma: «la religione non sia teologia», tuona Musil, «sia piuttosto rinnovamento dell’uomo nella sua interezza». «Tutte quelle parole come amore, punto di vista, risvegli e cose simili nella loro profonda indeterminatezza e delicata pienezza non mostrano altro se non un profondo adagiarsi del pensiero nella sfera del sentimento, un rapporto personale verso l’esperienza interiore».

 * Robert Musil, Europa inerme, a c. di V. Vitiello e F. Valagussa. Bergamo, Moretti & Vitali, 2015, pp. 130, euro 14,00.