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Siriani negli Stati Uniti, siamo ad un punto morto

Continua il braccio di ferro fra il presidente statunitense Barack Obama e il Congresso Usa a maggioranza repubblicana sul tema dell’accoglienza dei rifugiati siriani. E mentre la situazione pare in stallo, sono le chiese e le organizzazioni religiose le prime ad organizzarsi e a inviare un segnale di solidarietà e fratellanza.

Era settembre quando dalla Casa Bianca giunse la notizia della volontà di accogliere diecimila rifugiati provenienti dalla martoriata nazione mediorientale, segnale tangibile di quell’impegno chiesto a gran voce a tutta la comunità internazionale da parte di organizzazioni umanitarie e religiose. Dall’iniziodella guerra siriana, oramai quasi cinque anni fa, sono stati solamente 1500 i profughi accolti su suolo statunitense, mentre è stato di ben 4 miliardi di dollari il contributo offerto dagli States all’Europa per fra fronte all’emergenza.

Dopo gli attentati di Parigi la questione dei rifugiati, lontana dall’attenzione dei media americani, e di conseguenza dalle teste della popolazione, ha invece assunto un ruolo di primo piano, ed ha portato i parlamentari ad approvare, con un voto trasversale, una norma che vincola l’ingresso di nuovi stranieri a più rigidi controlli da parte dell’Fbi e dei vari servizi di sicurezza. Con conseguenti tempi di attesa che si dilatano, con buona pace degli appelli che da varie parti chiedono un coinvolgimento maggiore da parte di chi fino ad oggi ha fatto poco. Un ulteriore giro di vite è arrivato dal cuore degli Stati Uniti.

Più della metà dei governatori degli Stati Uniti, 30 per la precisione, hanno dichiarato le frontiere dei loro stati chiuse ai rifugiati siriani. Ma chiese e organizzazioni religiose si stanno opponendo a simili ordini, in nome di una fede che comanda di aprire le proprie porte al prossimo. Georgia, Indiana, Ohio e Texas fanno parte degli stati in cui le chiese si stanno dando più da fare.

Georgia: la Johnson Ferry, mega chiesa battista di Atlanta, ha aiutato una famiglia siriana a trovare un alloggio, malgrado la decisione del governatore Nathan Deal di non accettare rifugiati all’interno dei propri confini.

Indiana: l’arcidiocesi cattolica di Indianapolis si è opposta alla decisione del governatore Mike Pence e lo scorso 7 dicembre ha dato alloggio anch’essa ad una famiglia siriana.

Ohio: la chiesa presbiteriana Westminster di Wooster ha avanzato la candidatura per ospitare fino a tre famiglie di rifugiati siriani. Il governatore dello stato, John Kasich, ha scritto al presidente Obama per domandargli di mettere fine all’accoglienza dei rifugiati siriani.

Texas: il servizio rifugiati del grande stato del sud, formato da un raggruppamento di varie organizzazioni cristiane, ha trovato alloggio a sei rifugiati siriani nella città di Houston dallo scorso lunedì, e altri nove sono in arrivo.

Il governatore Gregg Abbott è fra i firmatari di una proposta di legge che vorrebbe consentire di rigettare le richieste di ospitalità ai soggetti considerati a rischio.

Gocce nel mare, numeri risibili. Ma che rappresentano un segnale, una breccia nel muro di indifferenza. Una luce di speranza.

Foto “A line of Syrian refugees crossing the border of Hungary and Austria on their way to Germany. Hungary, Central Europe, 6 September 2015” by Mstyslav ChernovOwn work. Licensed under CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons.