serrekunda_market_women

Vietate in Gambia le mutilazioni genitali femminili

Il presidente del Gambia Yahya Jammeh, dopo aver dichiarato lo Stato islamico, lo scorso 10 dicembre, non è rimasto con le mani in mano. Nel giro di poche settimane ci sono infatti due importanti novità per la ex colonia del Regno Unito: da un lato tutto il personale femminile dei ministeri, dei dipartimenti e delle agenzie governative dovrà indossare il velo, ma dall’altro – e la notizia non è di poco conto – dal 28 dicembre sono ufficialmente proibite le mutilazioni genitali nel Paese. Un mese fa il presidente l’aveva annunciato e ora è legge: con l’approvazione della larga maggioranza dell’Assemblea nazionale, chi continuerà a praticare l’escissione sulle bambine sarà punito con la reclusione fino a tre anni e un’ammenda di 1200 euro, pari a quattro volte il salario medio. Un successo clamoroso per un Paese che fino ad ora non aveva elaborato alcun testo specifico sul tema.

La legge «farà rispettare i diritti delle donne e delle bambine per evitare loro delle pratiche nocive per la loro salute e il loro benessere», ha dichiarato la vicepresidente Isatou Njie Saidy. Anche la vicepresidente del Parlamento, Fatou Mbye, ha salutato con favore una delle legislazioni più progressiste mai adottate dai deputati gambiani. Secondo l’Unicef, il Gambia era fino ad oggi uno dei dieci paesi africani in cui l’escissione (l’asportazione del clitoride e di parte delle piccole labbra) era la più praticata, arrivando a coinvolgere i tre quarti della popolazione femminile. Secondo un rapporto del 2013, più di 125 milioni di ragazze e di donne oggi hanno subito delle mutilazioni genitali, in 29 paesi in Africa e in Medio Oriente e 30 milioni di bambine sono considerate a rischio di escissione nei prossimi dieci anni. Nonostante le mutilazioni genitali femminili siano state messe al bando da una risoluzione Onu del 2012, votata all’unanimità, ogni anno in Africa sono circa tre milioni le ragazze e le bambine che vanno incontro a questa tortura; in alcuni Paesi come la Somalia e la Guinea coinvolge ancora il 95% delle donne. Sempre secondo l’Unicef, il 91% delle donne sposate in Egitto di età compresa tra i 15 e i 49 anni è stato sottoposto a un intervento di mutilazione genitale, nonostante sia vietato per legge dal 2008.

Una piaga che non risparmia l’Europa, dove pure è illegale: secondo il Parlamento Europeo, sono 500 mila le donne che anche qui convivono con le mutilazioni genitali.

Il Gambia diventa così il ventunesimo paese del continente africano a proibire l’escissione, dopo la Nigeria, che l’ha messa al bando con una legge del maggio 2015. Yahya Jammeh l’aveva detto, lo scorso novembre, sordo all’opposizione che gli rimproverava di non aver interpellato in proposito i cittadini: «l’Islam non lo prevede e quindi sarà abolita». Detto, fatto.