rodolfo_graziani_2

Il mausoleo per Graziani a processo

E’ inserito nella lista dei criminali di guerra stilata dalle Nazioni Unite per aver autorizzato l’uso dei gas tossici sulla popolazione civile e per aver bombardato gli ospedali della Croce Rossa. Azioni tanto nobili devono ben valere un monumento ad eterna memoria devono aver pensato gli amministratori della cittadina laziale di Affile, che nell’agosto del 1882 ha dato i natali a Rodolfo Graziani, generalissimo fascista, già viceré d’Etiopia e governatore della Libia. La tanto agognata quarta sponda, in realtà per dirla con Salvemini semplice scatolone di sabbia, venne conquistata a prezzo di indicibili violenze di cui il gerarca fu il deus ex machina. La lettera che in questi giorni il governatore della regione Toscana Enrico Rossi ha inviato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere la rimozione del mausoleo eretto nel paese, 1500 abitanti a 80 km da Roma, ci offre l’occasione per ritornare su questa edificante vicenda

Il sindaco Ercole Viri, in compagnia della sua giunta, nel 2012 ha fatto realizzare l’opera a ricordo dell’illustre cittadino, condannato alla fine della seconda guerra mondiale a 19 anni per collaborazionismo (scontò appena 4 mesi e morì nel letto di casa non prima di divenire nel 1952 presidente onorario del Msi, il Movimento sociale italiano).

Da 3 anni a questa parte le polemiche intorno a un tal monumento della vergogna non accennano a placarsi. Prima l’iscrizione di Viri e di due assessori nel registro degli indagati da parte della Procura di Tivoli con l’accusa di apologia di fascismo, cui ha fatto seguito l’esposto della regione Lazio che era stata finanziatrice dell’opera costata 125 mila euro (ma a quanto risulta i documenti presentati all’allora giunta Marrazzo per ottenere i finanziamenti si riferivano ad un generico monumento a ricordo dei caduti senza intitolazione a Graziani). Del 2012 è inoltre la denuncia dell’associazione nazionale Partigiani, l’Anpi volta anche verificare l’utilizzo di denaro pubblico per un simile scopo.

Il processo entrerà nel vivo nel luglio di quest’anno e ha già visto fra le iscrizioni quali parti civili la presenza di diversi Comuni italiani, fra i protagonisti tragici ed eroici di quei giorni nefasti. Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, Carrara e altri hanno voluto in questa maniera marcare la distanza da un discorso revisionista o per lo meno cerchiobottista che tende a insinuarsi oramai non solo nella stampa o nei discorsi dei nostalgici, ma che rischia di divenire piano piano Verbo, perché sdoganato da storici e politici insospettabili, ma forse sarebbe meglio dire insospettati. Salò come i partigiani e altre scempiaggini simili.

In molti hanno quindi detto no a questo tentativo di annacquare la storia, di fronte all’ennesima occasione persa dal nostro paese per fare i conti fino in fondo con gli errori commessi. Per fortuna la reazione di amministrazioni e di molte associazioni si è fatta sentire con forza, facendo rimbalzare la notizia ben fuori dai confini nazionali: addirittura il New York Times ha dedicato ampio spazio alla vicenda  così come la BBC. 

Foto Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=371338