schermata_2016-03-08_alle_10

Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra

La Francia ha un nuovo membro della legione d’onore, la più alta onorificenza della Repubblica: Mohammed bin Nayef bin Abdelaziz Al Saoud, principe ereditario e attuale ministro degli Interni dell’Arabia Saudita. Va ad aggiungersi all’illustre lista di predecessori insigniti per “meriti straordinari della vita militare e civile”. La nomina è avvenuta in gran segreto, a margine dell’incontro bilaterale franco saudita durante il quale, alla presenza di vari ministri delle due delegazioni, si è discusso soprattutto di lotta al terrorismo e pacificazione della questione mediorientale. E chi meglio dell’Arabia Saudita per discutere di questi temi? Nazione che nel 2016 ha già mandato al patibolo 70 persone (47 in una sola macabra giornata, il 2 gennaio), un ritmo che rischia di sbriciolare il record di 150 condanne eseguite nel corso del 2015.

Ma ora deve prevalere la realpolitik: il regime di Riad è alleato nella guerra all’Isis, seppur permangano forti perplessità sulla reale portata di questo impegno, vista la comune radice sunnita che avvicina il pensiero saudita a quello dei fondamentalisti dello Stato Islamico, al punto che non sono pochi gli analisti a giudicare la monarchia saudita fra i fondatori o per lo meno fra gli ideologi dei vari sceicchi del terrore, poi sfuggiti, forse, di mano.

In ballo c’era una commessa colossale da tre miliardi di euro di armi prodotte dalla Francia, destinate al Libano ma pagate dagli sceicchi arabi. Che però negli ultimi giorni hanno cambiato idea, contrariati per le posizioni troppo filo iraniane di Hezbollah. L’Iran sciita è il nemico giurato dell’Arabia Saudita sunnita. I diplomatici hanno lavorato febbrilmente sottotraccia e proprio ieri è arrivato l’annuncio ufficiale del maggiore dell’esercito saudita Ahmed al Asir, che ha rivelato:«le armi destinate al programma di aiuti all’esercito libanese serviranno a rafforzare il nostro arsenale». L’impegno sarà quindi onorato e a farne le spese sarà soprattutto la popolazione civile dello Yemen, vittime collaterali del conflitto fra le due nazioni confinati. Le cifre parlano di una catastrofe: almeno 6 mila morti in un anno, la metà fra i civili e fra questi 700 sono i bambini, oltre 20 mila feriti e milioni di sfollati.

Affari. Che ben valgono un’onorificenza appuntata sul petto.

Come ha riportato il quotidiano Le Monde le esportazioni di armi della Francia hanno portato nelle casse 4,8 miliardi di euro nel 2012, 8,2 nel 2014, e oltre 15 miliardi nel 2015, l’anno di Charlie Hebdo e del Bataclan. E mentre il mondo era impegnato a dirsi Charlie, l’Eliseo vendeva aerei e caccia all’Egitto e al Qatar, addirittura navi da guerra ad Arabia Saudita e Egitto, una commessa che da sola vale 1,2 miliardi di euro, elicotteri e software al Kuwait.

E’ proprio l’Arabia Saudita il principale ricettore di armi francesi, oltre 8 miliardi di euro di commesse fra il 2010 e il 2014. Cifre colossali, che tengono in piedi una fetta dell’economia transalpina. Con buona pace di tanti discorsi e nonostante il 24 febbraio, due settimane fa, il Parlamento europeo abbia approvato a larga maggioranza una risoluzione per imporre un embargo sulla vendita di armi all’Arabia Saudita.

La notizia dell’onorificenza è stata clamorosamente taciuta dalle fonti ufficiali del governo e del presidente Hollande. La bolla è scoppiata dopo che la notizia ha fatto capolino sulle colonne dell’agenzia di stampa ufficiale del governo di Riad, la Saudi Press Agency.

, che ha fornito una dettagliata cronaca dell’amena giornata parigina. Infatti tutto era stato allestito nella massima discrezione, evidentemente perché la coscienza dei promotori non era proprio linda. Consapevoli che un’opinione pubblica ancora sconvolta per gli attacchi subiti al cuore del Paese non avrebbe potuto comprendere le supreme ragioni dell’economia globale. Come puntualmente si sta verificando a partire dalla giornata di ieri, 7 marzo. Un fuoco di fila rischia di travolgere il governo, tanto che il ministro degli Esteri Jean-Marc Ayrault si è affrettato a dichiarare alla stampa che la concessione della legione d’onore non è altro che una «tradizione diplomatica, nulla più». Certo. Che l’opportunità politica, per non voler scomodare quella morale, potesse far desistere da un simile riconoscimento ufficiale non deve proprio esser venuto in mente a nessuno.

Foto Di U.S. Department of State from United States – Derived from File:Hillary Rodham Clinton and Prince Mohammed bin Naif bin Abdulaziz after signing ceremony 2013-01-16.jpg (cropped and straightened), original source Secretary Clinton and Saudi Prince Mohammed bin Naif bin Abdulaziz Pose for a Photo, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23957837