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Il progetto ecumenico dei Corridoi umanitari

In occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, e di fronte alle tragedie che continuano a prodursi in mare, le tre organizzazioni promotrici dei primi #CorridoiUmanitari realizzati in Europa hanno diffuso un appello congiunto nel quale si chiede che vengano istituiti canali permanenti di accoglienza e che venga favorita l’integrazione.

Nell’appello – che porta le firme di: Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese; Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio; Luca M. Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – si legge: «Di fronte a quella che sta diventando una routine della morte, come cristiani combattiamo quella che papa Francesco, non a caso da Lampedusa, ha chiamato la “globalizzazione dell’indifferenza”. È la nostra coscienza di persone che hanno conosciuto e confessano l’amore di Cristo che ci spinge a fare quanto è nella nostra capacità per proteggere le persone più vulnerabili, accoglierle in luoghi sicuri e accompagnarle nel loro percorso di integrazione in nuovi paesi. Ed è la vocazione cristiana alla pace e alla giustizia per tutti – non solo per noi! – che ci fa dire, con le parole del segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), past. Olav Fykse Tveit, che queste migrazioni “hanno cause profonde che noi dobbiamo assumere e combattere insieme nel nome del Dio della vita, per la salvezza dei migranti e dell’intera famiglia umana”».

È in questo spirito che è nato il progetto ecumenico dei «Corridoi umanitari» che, sulla base di un protocollo sottoscritto con i Ministeri dell’Interno e degli Affari Esteri, ha consentito di far arrivare in Italia circa 200 migranti in fuga dall’Iraq e dalla Siria. Grazie al progetto persone vulnerabili e bisognose di protezione – profughi, donne sole, minori, disabili o malati – hanno raggiunto in sicurezza l’Europa. «Di fronte alla tragedia di cui siamo testimoni, i “Corridoi umanitari” si dimostrano un’alternativa possibile, sicura e sostenibile, in grado di proteggere la vita e contrastare i traffici umani nel Mediterraneo. Abbiamo anche sperimentato come sia possibile avviare per chi è già arrivato con questo progetto un percorso di integrazione nel tessuto della nostra società, a partire dall’apprendimento della lingua. Ringraziando le Istituzioni italiane che hanno creduto nei “Corridoi umanitari” e ci stanno consentendo di realizzarli, in questi giorni così carichi di dolore non possiamo che rinnovare il nostro impegno perché questa buona pratica possa consolidarsi in Italia, estendersi ad altri paesi europei e diventare un vero e proprio canale permanente di accoglienza riconosciuto e realizzato a livello comunitario.

Ce lo chiede la nostra fede che ci esorta a nutrire chi ha fame e a dar da bere a chi ha sete; ce lo consentono le normative vigenti che ammettono la concessione di visti per ragioni di protezione umanitaria; ce lo impone la tradizione culturale e giuridica dell’Europa che è nata e si è rafforzata affermando il principio della tutela dei diritti umani e della protezione internazionale».

Foto: via istockphoto.com