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Ospedali: serve un protocollo per l’assistenza spirituale?

«L’assistenza spirituale negli ospedali italiani è sempre stata prerogativa esclusiva della Chiesa cattolica, attraverso i cappellani ospedalieri. Oggi il pluralismo religioso in Italia impone ai nosocomi di dover affrontare con urgenza la questione»: così ha commentato Patrizia Mathieu, medico di base e presidente del Concistoro valdese di Torino, a Riforma.it la firma del Protocollo d’intesa – ratificato ieri presso l’Ospedale Molinette di Torino – per l’assistenza spirituale ai ricoverati di religioni diverse dalla cattolica negli ospedali Molinette, Dermatologico San Lazzaro, San Giovanni Antica Sede, CTO-Maria Adelaide, Ospedale Infantile Regina Margherita e Sant’Anna del Polo sanitario «Città della Salute e della Scienza di Torino» – il più grande a livello nazionale ed europeo con 12.000 dipendenti e nato dalla fusione dei tre più grandi ospedali di riferimento regionali e la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino.

«Non dimentichiamo – ha proseguito Mathieu – che oltre al ventaglio di fedi rappresentate dai numerosi pazienti che ogni giorno entrano negli ospedali italiani e piemontesi, vi sono anche persone agnostiche e non credenti, delle quali spesso ci si dimentica. Per colmare una piramide di disparità rispetto alle libertà religiose si è giunti a questo Protocollo. Religioni come quella valdese, che hanno un’Intesa con lo Stato italiano, dovrebbero, come previsto, poter inviare pastore, pastori, diacone e diaconi, negli ospedali italiani per fornire assistenza spirituale senza limitazioni ai propri membri di chiesa; e così, anche nelle carceri. Tuttavia, questa prerogativa prevista dalla legge trova molti ostacoli per via di un retaggio culturale che riconosce nel nostro paese solo ai cappellani cattolici questo ruolo per la cura delle anime. Il Protocollo nasce dunque dall’esigenza di ricostruire un terreno molto accidentato, fatto di Intese con lo Stato non applicate e di religioni, come l’Islam ad esempio, prive di riconoscimenti giuridici. Se nel nostro paese fosse in vigore una Legge quadro per la libertà religiosa, questo Protocollo non sarebbe necessario».

Il protocollo «Le cure dello spirito», prevede la possibilità per i ricoverati di interfacciarsi con un rappresentante della propria religione e avere supporto spirituale in caso di desiderio e necessità. «Per arrivare al Protocollo attuale si è dovuto lottare – ricorda ancora Mathieu – e accettarne la firma, in quanto conteneva alcune espressioni molto limitative. La visita ai membri di chiesa poteva essere consentita ai ministri di culto solamente previa richiesta dell’utente o addirittura del personale ospedaliero, ad esempio, ministri o diaconi che devono essere registrati in una sorta di “Albo” di autorizzati; anche questa è una cosa che non convince», ha proseguito Mathieu.

L’ospedale Molinette è stato il primo in Italia ad attivare l’assistenza spirituale per tutti i pazienti di religione diversa dalla cattolica. Un progetto pilota e fonte d’ispirazione per l’attivazione di analoghe iniziative in altri nosocomi italiani: Ferrara, Prato, Roma. Sono stati illustrati anche i regolamenti relativi a norme da seguire in caso di morte, rispettose delle prescrizioni delle principali religioni e una ricerca su donazione di organi e religioni.

L’incontro è avvenuto alla presenza del direttore generale Gian Paolo Zanetta e dei rappresentanti delle religioni (musulmani, protestanti, ebrei, cattolici, induisti, buddhisti e altre). Tra gli obiettivi futuri: la volontà della Direzione aziendale di individuare nuovi spazi da adibire a «Stanze del Silenzio» (già presente alla Molinette) anche negli ospedali Oirm-Sant’Annna e Cto e la predisposizione, per la prima volta in Italia, di un grande convegno sul tema alimentazione e religione in ospedale, insieme a Slow Food all’interno della kermesse di «Terra madre», al Salone del gusto, previsto il prossimo 26 settembre.

Immagine: via istockphoto.com