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Il Cec agli aborigeni australiani: «difendiamo i vostri diritti»

«Noi adoriamo in diverse lingue e culture, ma siamo uno in Cristo. Si tratta di un’esperienza estremamente arricchente», così ha detto la dottoressa Jude Long, preside del Nungalinya College a Darwin (Northern Territory), in Australia. Frase detta in occasione di un’esplorazione della spiritualità indigena (aborigena) avvenuta insieme ad alcuni appartenenti alle popolazioni indigene e con persone, soprattutto giovani, giunti da in tutto il mondo questa settimana. 

Long ha introdotto le riflessioni bibliche avvenute tra i giovani membri del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) giunti da tutto il mondo in occasione dell’importante Consultazione teologica che si è tenuta dal 27 al 31 agosto scorsi. 

La posizione della Consultazione è stata particolarmente significativa nel sostenere come le popolazioni indigene in Australia – in particolare i giovani – siano spesso «sovra-rappresentati» nel sistema di giudiziario australiano. Gli indigeni rappresentano ormai meno del 3% della popolazione nazionale dell’Australia, eppure sono attualmente più della metà dei bambini detenuti nelle carceri minorili. 

Un quadro che assume toni ancor più preoccupanti nel territorio del Nord dove nel 2015 il 97% dei detenuti di giovane età era appunto aborigena. 

Ad aggravare questa situazione, di per sé già preoccupante, è il trattamento disumano dilagante perpetrato ai danni dei detenuti nelle carceri australiane. Una situazione che quest’anno in Australia è stata definita una crisi nazionale.

Non solo in Australia, ma in tutto il mondo, il tema della consultazione del Cec: «Pellegrinaggio di Giustizia e Pace», paesaggi di speranza insieme «è stato particolarmente illuminante per le persone che vi hanno preso parte. Un viaggio e lotta per i riconoscimenti dei diritti civili, per la sopravvivenza e il diritto di esistere», ha detto Katalina Tahaafe-Williams membro del Comitato esecutivo del Cec per il programma Missione ed Evangelizzazione. «Essere presenti, ascoltare le storie da tutto il mondo, mi ha dato speranza – ha detto Williams – le quotidiane ingiustizie affrontate dalla popolazione indigena devono essere sostenute anche attraverso le pratiche spirituali, le credenze teologiche seppur differenti ci spingono tuttavia sul sentiero comune di verità e giustizia».

La consultazione ha evidenziato quanto i popoli indigeni stiano ancora sperimentano un’ingiustizia continua; passata negli anni attraverso la colonizzazione, l’oppressione politica, lo sfruttamento economico, la violenza contro le donne ei bambini, e oggi la mancanza di terra nella quale poter vivere e in comunità. 

L’incontro e lo scambio di riflesioni avvenuta tra i teologi e gli indigeni australiani è stato illuminante: «Ho visto in prima persona quanto, in modo proattivo e strategico, la spiritualità indigena e la teologia possano contribuire efficacemente al cammino del movimento ecumenico, ora e in futuro», ha proseguito Williams.

La consultazione è stata la prima di una serie con il desiderio di ispirare e rafforzare la costruzione di reti ecumeniche tra le persone indigene, sia a livello regionale che globale. «Le ingiustizie contro le popolazioni indigene sono inaccettabili, in tutti i luoghi e tutti i contesti», ha concluso Tahaafe-Williams: «ci siamo riuniti qui per ribadire a livello mondiale il nostro rinnovato impegno politico e umanitario, un impegno per rendere possibile la giustizia per tutti».

Foto: Cec