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I diritti e la disabilità

Il 16 e 17 settembre a Firenze si è svolta la V Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità istituita dalla legge 104/92. Avrebbe l’obbligo di fare il punto della situazione in Italia sulle politiche per le persone con disabilità oltre a ciò che è accaduto nei due anni precedenti nel corso del Programma del governo.

Centrale è stato anche il Programma biennale di azione che sarà approvato entro il mese di ottobre per il quale le associazioni hanno chiesto al governo un aumento della concretezza.

Il 19 settembre, invece, l’Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) ha presentato il primo movimento di auto-rappresentanza italiano, composto da persone con disabilità intellettiva e/o relazionale collegato al movimento europeo ed internazionale. Parliamo del tema con Roberto Speziale, presidente nazionale di Anfass Onlus.

Come commenta l’ultima conferenza?

«Il primo commento è di forte insoddisfazione: il precedente programma di azione, su 197 linee previste ne ha messe in atto 10 e neanche completamente. Lo slogan della conferenza per il movimento delle persone con disabilità è diventato “dalle parole ai fatti”, speriamo che quanto è stato deciso in conferenza non sia più un programma di azione ma un vero e proprio piano. Un programma è una dichiarazione di intenti senza risorse che poi molto spesso viene messo nel dimenticatoio. Se il governo adottasse quelle linee che sono state definite come piano d’azione, significherebbe un impegno in termini di risorse e di tempi certi di attuazione».

Cosa può dirci dell’applicazione della Convenzione Onu sul tema della disabilità?

«Quando facciamo riferimento alla convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità oggi facciamo riferimento anche una legge dello Stato Italiano, che ha recepito il protocollo. Essendo una legge sovraordinata di carattere internazionale, laddove lo stato non ne rispetta l’attuazione è l’Onu che può fare delle multe, cosa che in parte è avvenuta: il 27 agosto a Ginevra si è tenuto l’incontro tra Governo e rappresentanti dell’Onu per verificare quanto sia stata applicata la convenzione. Dalle raccomandazioni disponibili vediamo in quanti punti siamo lontani dall’applicarla (e forse anche essere conosciuta dai cittadini). Ne è prova anche la differenza territoriale che si verifica in Italia non solo tra nord e sud ma spesso anche all’interno dello stesso contesto. Sullo stesso territorio, passando da un’Asl all’altra le persone con disabilità hanno diritti diversi. La convenzione Onu in Italia è lungi dall’essere conosciuta e applicata».

Dallo Stato al livello locale: cosa manca?

«Intanto sembra una frase fatta, ma prima di tutto il problema è l’approccio culturale. Considerare i diritti fondamentali di pari opportunità delle persone con disabilità come concessioni o privilegi è sbagliato. Poi c’è una questione normativa: abbiamo registrato che dalla modifica del Titolo V, dando alle regioni podestà primaria su materie tra cui quelle socio-sanitarie, si sono definiti 21 diversi sistemi di accesso ai servizi e alle prestazioni nel nostro paese: senza adeguati finanziamenti è improbabile che le Regioni e gli enti locali riescano a garantire su tutto il territorio nazionale pari opportunità di accesso alle cure ai cittadini. In questo modo si è disabili due volte: per la propria condizione di salute e per il luogo in cui si nasce. La certezza delle risorse è garantita anche dai Livelli Essenziali delle prestazioni: la legge 328/00 prevedeva che venissero emanati quelli relativi alle prestazioni sociali che invece non hanno mai visto la luce. Nel 2008 e negli anni successivi i fondi nazionali sulle politiche sociali e per i non autosufficienti furono totalmente azzerati. Oggi troviamo 400 milioni sul fondo che in Conferenza nazionale a Firenze il Ministro ha annunciato che aumenteranno».

Da pochi giorni l’Anfass ha fatto partire una piattaforma di autorappresentanza “Io Cittadino”: di cosa si tratta?

«Anche qui Siamo ancora legati alla dichiarazione internazionale dell’Onu delle persone con disabilità. Il diritto all’autodeterminazione e all’autorappresentanza è un diritto fondamentale di tutti i cittadini, così come il diritto alla partecipazione attiva in parità fra tutti i cittadini, sancito dalla nostra Costituzione: diritti fino a oggi negati alle persone con disabilità intellettiva o relazionale, considerati incapaci di autorappresentarsi. Partendo da una forma europea che si chiama EPSA che da molti anni, attraverso percorsi di sostegno e emancipazione, ha visto le persone con disabilità intellettiva ad avere consapevolezza dei propri diritti e poi a poterli esigere. Abbiamo presentato gli esiti di questo progetto a Roma e il risultato è stato spettacolare. Per la prima volta in Italia le stesse persone con questo tipo di disabilità e con diverse intensità di sostegni, hanno potuto dire con la loro viva voce quali sono i loro desideri, aspettative e diritti. E soprattutto poter dire al mondo che sono cittadini come tutti. Anffas vorrebbe che questa iniziativa fosse messa a disposizione del milione e 800 mila persone che oggi hanno una disabilità intellettiva in Italia».

Immagine: via pixabay.com