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Il vuoto di Ventimiglia e le esistenze confinate

Negli istanti in cui il presunto sospettato terrorista di Berlino viene ucciso dalla polizia italiana, dopo aver attraversato indisturbato almeno due paesi europei in treno, torniamo a parlare dei profughi e richiedenti asilo bloccati da più di un anno al confine di Ventimiglia.

Da poco è uscito il rapporto di WeWorld intitolato Diritti confinati in cui due luoghi di frontiera, Ventimiglia e Como, sono definiti come luoghi in cui i diritti umani sono costantemente in pericolo.

Spesso abbiamo raccontato gli interventi di Caritas e Diaconia Valdese e ora anche Medici senza Frontiere ha deciso di intervenire in questi due luoghi, fornendo supporto medico e psicologico.

«I numeri sono leggermente diminuiti – racconta Daniela Zitarosa, operatrice legale per Caritas Intemelia – raggiungendo anche le 250 persone, cosa che non si era mai verificata. Ora siamo nuovamente a 450 persone, dunque sotto i numeri estivi». Gli arrivi continuano e i bisogni primari delle persone bloccate continuano a essere sempre gli stessi: un luogo dove dormire, abiti, pasti, coperte. «Al campo principale, quello gestito dalla Croce Rossa mancano anche altri servizi ugualmente essenziali – continua Zitarosa – come l’informativa legale che dovrebbe essere garantita nuovamente. Lo è stata da maggio fino a dicembre grazie alla Diaconia Valdese in supporto di Caritas. Ora il campo è sprovvisto di questa copertura, tutti lo sanno e siamo in attesa che riattivino il servizio».

In questi momenti di tensione internazionale, il timore è che in luoghi come Ventimiglia l’accento si sposti più sui doveri e meno sui diritti delle persone. «Un atteggiamento che in ogni caso è costante – continua Zitarosa – quando avvengono poi fatti come quelli di Berlino, si intensificano i discorsi deleteri sulla responsabilità degli stranieri. Lasciare queste persone sole significa andare incontro al rischio di affidarsi alla criminalità, cosa che continuerà finché non ci saranno delle reali politiche di integrazione». Cosa manca dunque a Ventimiglia? «C’è un vuoto talmente grande che può essere un contenitore di qualunque progetto di aiuto. Mancano progetti di integrazione, anche a medio e lungo termine, di accoglienza primaria – conclude l’operatrice –. Ci sono molti spunti per fare qualcosa di costruttivo e reale qui a Ventimiglia».

Immagine di Daniela Zitarosa