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Muro del pianto per le donne, questa volta ci prova la Corte suprema

L’accesso anche per le donne alla spianata del Muro del pianto è uno di quei temi che purtroppo non invecchiano, e che a intervalli regolari fanno capolino fra le notizie dei media israeliani. Giusto un anno fa il traguardo sembrava raggiunto: un voto favorevole del governo guidato da Benjamin Netanyahu dava il via alla creazione di una zona di preghiera mista, da affiancare alle due già esistenti rigorosamente unisex. Una vittoria per i comitati che da anni si battono per veder finalmente le donne pregare fianco a fianco con gli uomini. Una vittoria di Pirro, rimasta solo sulla carta. Negli ultimi 12 mesi l’accordo non ha trovato attuazione alcuna, soprattutto per le pressioni dei partiti ultra ortodossi, espressione della visione più radicale dell’ebraismo, che su questo tema non indietreggiano di un millimetro. Non è solo questione di spazi: alle donne è vietato toccare i testi sacri presenti al Muro, così come è fatto loro divieto di utilizzare i tradizionali scialli di preghiera, o peggio ancora di guidare una preghiera.

Ora ci prova la Corte suprema di Israele a dirimere la questione, dando un mese di tempo al governo e alle autorità religiose per giustificare il ritardo nell’applicazione dell’accordo. Secondo l’istanza della Corte anche un ulteriore spazio misto, che attende sempre di vedere la luce nella zona a sud del muro, non costituisce una alternativa paragonabile alla spianata tradizionale, in quanto non garantisce l’accesso totale al muro.

Oramai dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso è in corso la battaglia delle attiviste, e puntuali ogni mese si verificano scontri fra i tutori dello status quo e i protestanti. Le forze conservatrici sono uscite ridimensionate dall’ultima tornata elettorale, ma mantengono un peso forte in alcune istituzioni chiave dello stato israeliano, garantendo un fondamentale puntello a destra al governo Netanyahu. Che paga la loro fedeltà in questa maniera.

Immagine: via pixabay.com