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«Felice chi ha la strada nel cuore»

La Chiesa valdese di Verona parteciperà quest’anno per la prima volta al Festival Biblico, evento nato a Vicenza tredici anni fa, ma oramai diffuso in diverse città (Trento, Padova, Rovigo, per citarne alcune), dal desiderio di avvicinare le persone alla Bibbia. L’idea è di incuriosire e coinvolgere attraverso la varietà e il fascino delle proposte: cinema, musica, teatro, conferenze, passeggiate, tavole rotonde e momenti di preghiera si alterneranno per 11 giorni. A Verona, il Festival sarà dal 19 al 21 maggio e inizierà con una lectio magistralis tenuta dallo studioso di Antico Testamento Jean Louis Ska.

Il Festival 2017 si intitola Felice chi ha la strada nel cuore e ha per tema la strada, intesa come cammino che segna l’esistenza, quella concreta, ma anche quella psicologica aperta davanti a ognuno e ognuna di noi. Avere il cammino nel cuore significa non stare fermi, chiusi in un (rassicurante?) immobilismo fatto di abitudini e luoghi comuni, ma essere in moto, non protesi unicamente verso la meta, ma coinvolti dal cammino stesso. Gioire della e nella strada, significa vivere il “qui ed ora” del viaggio come un dono e una possibilità. Gli uomini e le donne hanno sempre cercato di andare oltre i limiti angusti dei loro territori, con la fantasia e la creatività, ma spesso anche con le gambe. A indurre l’umanità a spostarsi, sono state cause diverse: la curiosità, il desiderio di una vita migliore, la fuga dalla fame o dalle guerre. Un fenomeno che ha caratterizzato la storia di tutti i popoli in tutte le latitudini, ma anche uno stile di vita che non può non coinvolgere il nostro percorso di fede, che presuppone una continua conversione al Signore.

Oggi, il fenomeno migratorio ha assunto dimensioni tali da suscitare in molti uomini e donne sentimenti di rifiuto e paura. Questo ha fatto sì che, proprio nel momento in cui maggiore è stata la richiesta di accoglienza, si sia ridotta moltissimo la disponibilità a ospitare di quei paesi che possono rappresentare una speranza per coloro che sono stati scacciati dalla loro terra. Perché forse non si riflette abbastanza sul fatto che accanto a coloro che viaggiano perché vogliono cercare migliori condizioni di vita (e dovrebbero averne il diritto, come per esempio molti nostri giovani), altri sono costretti a lasciare il proprio Paese dalla guerra o da una carestia. Molti cercano la Vita, semplicemente; e spesso, invece, incontrano la Morte. Del resto, quando si scappa da un paese in guerra accade che non si abbia il tempo di organizzare il viaggio; quando si fugge da una carestia, può succedere che non si abbiano i soldi per un biglietto aereo. I Paesi che dovrebbero accoglierli, in compenso, non coordinano e organizzano gli arrivi per tutelare la vita di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie, ma si limitano a impedire o “regolarizzare” gli accessi, chiudendo gli occhi di fronte alle morti disperate, e ai traffici che personaggi senza scrupoli fanno sulla pelle di chi cerca aiuto.

I corridoi umanitari sono un piccolo, minuscolo tentativo di invertire la rotta. Un semplice esempio di quello che si può fare, se solo lo si vuole. Questo progetto, primo in Europa, ma oggi imitato dalla Francia e dalla Polonia, è una risposta concreta, fattibile, sicura, per chi arriva e per chi accoglie, una soluzione che blocca il lavoro dei trafficanti, che impedisce le morti, la prostituzione dei corpi, la disperazione di tanti fratelli e sorelle.

Gli organizzatori del Festival hanno chiesto alla Chiesa valdese di illustrare l’esperienza dei corridoi umanitari, da un lato allestendo, insieme alla Comunità di sant’Egidio, uno stand, nel quale si potranno trovare informazioni, e dall’altra organizzando, insieme a Caritas e Comunità di Sant’Egidio, un momento di preghiera e riflessione. Il punto di partenza è la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi di fronte a questa enorme richiesta di accoglienza: possiamo restare sordi all’ordine esplicito e più volte espresso sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento di non opprimere «la vedova né l’orfano, lo straniero né il povero» (Zac. 7,10)? Possiamo non accogliere il comandamento dell’amore, considerato da Gesù il più importante fra tutti e non cercare di vivere l’amore stesso di Cristo (Efesini 3,14-19), che ha dato la propria vita per tutti?

Il momento di preghiera sarà sabato 20 maggio alle 18,30 nella chiesa delle suore Orsoline: valdesi e cattolici insieme pregheranno il Signore, per chiedere perdono per tutti coloro che sono morti, e per ringraziare per tutti coloro che sono stati salvati. Un momento di riflessione che vuole incoraggiare tutti i presenti e le presenti a vivere in modo più coerente con la loro fede questo straordinario fenomeno che è il viaggio e il trasferimento di migliaia di uomini e donne. Un invito a vedere nell’accoglienza non solo un imperativo per chi si dice cristiano, ma anche una straordinaria possibilità di crescita e di arricchimento.

Immagine: via Pexels