culto_pentecoste

Liberi e libere per vivere nel servizio reciproco

La musica ha dato un’impronta tutta particolare, sottolineando i momenti più intensi, introducendo alla meditazione anche il migliaio abbondante di persone presenti, tenendo «sospesa» l’atmosfera quando la liturgia, sfidando gli ampi spazi, invitava ognuno e ognuna al raccoglimento. Eppure in un certo senso tutto il rapporto tra «regia» e liturgia, nel corso del culto al teatro Dal Verme, celebrato nel pomeriggio di sabato 3 giugno e ripreso grazie a Raidue e Protestantesimo per essere offerto ai nostri concittadini e concittadine la domenica di Pentecoste, è stato fruttuoso perché ha ridotto le distanze tra chi conduceva e l’assemblea dei credenti riunita in platea. Anzi, la logistica stessa ne è stata sconvolta: l’alternanza degli interventi musicali da parte dei gruppi (il coro Euphoria di Napoli, il Piccolo coro dei bambini delle chiese protestanti milanesi, il coro avventista La voce della speranza, la Corale valdese e metodista di Milano, il Life Waters Ministries International Ensemble, le soliste del duo Arizza – pianoforte e violoncello) con i momenti di canto assembleare, impressionanti per il volume e la solennità – basti dire del Forte rocca – hanno fatto dimenticare che eravamo in un grande teatro cittadino. Non eravamo in un tempio, ma poco importa, importa essere riuniti in presenza del Signore. Certo, spesso guardiamo con un po’ di invidia chi esprimere la fede in musica con fisicità: una modalità che i protestanti nel nostro paese sentono lontana dalle proprie coordinate abituali, fatte di salmi ugonotti, di corali luterani, oppure del fervore introspettivo tipico dell’innologia risvegliata. E poi guardiamo con distanza, pensando che i film come Sister act parlino pur sempre di «altri credenti», altre chiese, altre tradizioni. Invece colui che ci chiama a riunirci nel Suo nome supera con la sua Parola ogni nostra coordinata, e riduce a fatti esteriori le diverse culture: non è in nome delle culture che siamo lì. E nelle nostre chiese, nelle nostre città, abbiamo a fianco a noi sorelle e fratelli di altre culture, che sono persone, non «rappresentanti» di qualcosa.

In apertura del culto è stato letto il testo Orizzonti di libertà – Essere testimoni della Parola oggi, articolato in sette punti, che esprime la novità di questo anniversario: «La riforma protestante ha diviso profondamente  la cristianità – ha detto il past. Platone commentandolo –. Per secoli i cristiani si sono combattuti, hanno vissuto vita e storie separate, o si sono semplicemente ignorati. Ma il tempo è passato e grazie al movimento ecumenico  le relazioni fra le chiese sono cambiate molto nel segno della riconciliazioni e dell’ascolto reciproco. Così oggi, le celebrazioni del V Centenario dall’inizio della Riforma protestante hanno assunto un tono e un contenuto diverso. Prendiamo atto che sono molte più le cose che uniscono i cristiani di quelle che li dividono».

Brevi e incisivi i tre interventi di riflessione biblica, condotti dalla pastora Dorothee Mack (chiesa metodista di Milano), dalla tenente Valentina Castaldo (Esercito della Salvezza) e dal past. Luca M. Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Toccanti i momenti di raccoglimento nella confessione di peccato (past. Nino Plano, avventista) e nella preghiera della past. Daniela Di Carlo a introduzione dell’azione simbolica intorno al pane (gli spazi non rendevano possibile la celebrazione abituale della santa cena). Siamo chiamati a libertà – ha detto il pastore Negro – ma a una libertà che dobbiamo esercitare nella responsabilità, secondo quel paradosso (apparente) che Lutero indicò nella Libertà del cristiano: liberi per essere al servizio gli uni degli altri. Questa è la grande lezione di consapevolezza dell’essere cristiani protestanti, oggi in Italia.

E tuttavia – come è emerso dagli interventi successivi alla chiusura del culto – quella del 500° anniversario della Riforma è anche una celebrazione che si rivolge anche agli altri, in sede ecumenica e con accenti ecumenici. Lo ha detto il cardinale di Milano Angelo Scola, che ha ricordato la cesura rispetto alle celebrazioni dei precedenti centenari, quando la connotazione identitaria prevaleva sul messaggio da portare al mondo. Scola ha inoltre ricordato quanto i credenti siano sfidati, ogni giorno, dalle urgenze umanitarie che attraversano i nostri Paesi, alle quali non ci si può sottrarre.

Hanno portato il loro saluto anche l’archimandrita ortodosso Theofilaktos Vitsos, il Forum delle religioni di Milano (25 comunità che realizzano incontri, conoscenza reciproca, dialogo con le tante anime della variegata realtà ecumenica e interreligiosa – ha detto don Giampiero Alberti in sua rappresentanza).

La realtà cittadina, che con sensibilità ha messo a disposizione il teatro e ha dato il patrocinio all’iniziativa, è stata rappresentata dall’assessore Marco Granelli.

Il teatro Dal Verme (che già nella giornata di venerdì aveva ospitato le attività dei giovani e giovanissimi e la «bolla del silenzio» sulla violenza contro le donne, la tavola rotonda «Cittadini e cittadine credenti: le religioni nello spazio pubblico», nella serata del venerdì stesso il concerto delle corali evangeliche cittadine, e nella serata di sabato – nella sala piccola – lo spettacolo sulle 95 tesi di Lutero) ha ancora ospitato la preghiera ecumenica di Pentecoste, organizzata come ogni anno dal Consiglio delle chiese cristiane. Presente il card. Coccopalmerio, per tantissimi anni impegnato nell’ecumenismo e nella vicinanza alle famiglie interconfessionali, il pastore valdese Giuseppe Platone ha ricordato quel che scriveva il card. Carlo M. Martini all’atto della costituzione del Consiglio stesso (1998): un organismo basato sul principio del valore paritetico di ognuna delle chiese rappresentate. Il dialogo e l’ecumenismo hanno i loro limiti e le loro asperità, ma dove non arriviamo noi – scriveva Martini – ci viene in soccorso lo Spirito.

Ecco, è proprio lo spirito della Pentecoste. Un momento dell’anno forte e significativo, che quest’anno ha coinciso con il ricordo della storia ed è stato esteso a chi, magari via tv, si sarà sentito coinvolto. Per chiudere l’anno celebrativo, il 28 ottobre a Roma (chiesa valdese di p. Cavour), come ha annunciato Luca M. Negro, si terrà un culto con predicazione della pastora Maria Bonafede e del pastore pentecostale Carmine Napolitano, in una apertura ideale e fraterna anche alle chiese evangeliche che non fanno parte della Fcei.

Immagine: Matteo De Fazio/ Radio Beckwith Evangelica