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Uscire dal «buio» dei non-diritti

Ancora un altro anno di otto per mille e chiese battiste. Una storia cominciata molti anni fa, con una rinuncia votata in Assemblea Generale, e concretizzatasi solo nel 2008, dopo una discussione faticosa che, sostanzialmente, ha visto le chiese contrapposte nei due fronti del pro e del contro.

Da allora l’Unione battista ha dovuto misurarsi con la responsabilità di comunicare all’esterno, nel modo più efficace possibile, le motivazioni per cui scegliere di devolvere questa parte dell’Irpef a una denominazione sostanzialmente sconosciuta, aggiungendosi alla comunicazione di chiese sorelle, come la Chiesa valdese, che già da anni era presente nell’informazione pubblica con le sue efficaci campagne.

Coniugare chiesa e denaro, in una campagna del genere, non è mai cosa facile: per noi credenti è come stringere la mano a Mammona, per gli altri si può passare per l’ennesima confessione religiosa che chiede soldi ai contribuenti. È risutato quindi essenziale sottolineare la distanza da un sistema che finanzia le chiese, per ribadire la destinazione totalmente «sociale» delle quote a favore di progetti che intevengono là dove lo Stato fatica a essere presente.

Dopo qualche anno di campagne «fai da te»  e, arrivati i primi contributi, l’Unione battista ha affidato la comunicazione a un’azienda, la Hero, già impegnata nella gestione di campagne per importanti onlus e per la stessa Chiesa valdese. Anche quest’anno l’accento è stato posto sui diritti, coniugati negli ambiti in cui le chiese battiste da anni sono maggiormente impegnate: anziani, bambini, migranti e diritti delle donne. Le quattro comunicazioni, su sfondo nero, mettono in risalto le persone, che escono dal «buio» dei non-diritti, con uno spot luminoso a loro dedicato. La strategia multimediale e «multisocial» ha permesso, poi, di raggiungere un numero decisamente interessante di persone.

In copertina un particolare di uno dei quattro pannelli della campagna