pregiudizi

L’antisemitismo tra stereotipi e pregiudizi

«Stereotipi e pregiudizi degli italiani» è il titolo di un’approfondita ricerca realizzata dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano in collaborazione con la società di analisi e ricerche di mercato Ipsos. L’indagine è stata presentata questa mattina a Roma presso l’Istituto Pitigliani.

L’iniziativa è nata nell’ambito di un progetto sulla storia dell’antisemitismo coordinato dall’Università Statale di Milano con la partecipazione dell’Università La Sapienza, le Università di Genova e di Pisa, con l’obiettivo di rappresentare l’attualità del pregiudizio in un periodo fortemente caratterizzato da mutamenti politici e sociali.

«Piuttosto che cercare di individuare una percentuale unica per misurare l’antisemitismo, abbiamo rilevato che le opinioni antisemite possono essere nutrite fortemente o debolmente, consapevolmente o inconsapevolmente e per ragioni diverse. Alcune persone possono essere fortemente antisemite, altre meno; mentre altri possono avere alcuni atteggiamenti negativi o stereotipi sugli ebrei senza essere coscientemente antisemiti. La visione elastica sull’antisemitismo spiega questi diversi livelli di antisemitismo in tutta la società», ha rilevato la sociologa Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio Antisemitismo del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec); osservatorio che svolge una costante azione di monitoraggio e studio del fenomeno antisemitismo in tutte le sue molteplici manifestazioni.

Insieme alla sociologa Betti Guetta, erano presenti il senatore Luigi Manconi, il presidente dell’Istituto di ricerca Ipsos, Nando Pagnoncelli e il direttore del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, Guido Vitale che, partendo da una dichiarazione rilasciata ieri da Alexander Gauland, leader del partito Alternative fur Deutschaland (Afd) dell’ultra destra in Germania: «Gli ebrei non hanno nulla da temere» ha denunciato le responsabilità di questo tipo di politica e di affermazioni che suonano invece pericolose piuttosto che rassicuranti, soffermandosi poi sul ruolo e le responsabilità delle comunità ebraiche.

«Gruppi e comunità non dovrebbero mai separare gli eventuali interessi dai valori di appartenenza – ha detto Vitale –. Oggi non può essere più sufficiente monitorare i fenomeni di antisemitismo e di razzismo, anche se purtroppo è necessario farlo; le comunità ebraiche dovrebbero sforzarsi di esprimere, con maggior forza, i valori che le contraddistinguono. Un distacco da questi valori rischierebbe di produrre derive pericolose. Essere ebrei significa essere cittadini a tutto campo e dunque attenti ai valori collettivi. Attenzione che credo accomuni tutte le comunità e tutte le minoranze religiose. La consapevolezza di ciò che si è non dev’essere mai persa di vista».