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L’eredità della Riforma tra ecumenismo e storie di roghi

Il prossimo martedì 31 ottobre si concluderanno le numerose iniziative attuate dalla piccola chiesa valdese di Aosta per celebrare il cinquecentenario della Riforma protestante. Queste erano cominciate esattamente un anno fa al tempio valdese, con gli interventi del pastore valdese di Aosta, allora candidato, Stefano Giannatempo, e del vescovo Franco Lovignana, la proiezione del filmato Valdesi in Valle d’Aosta, musiche e canti. Sono poi seguite conferenze, presentazioni di libri, serate musicali e teatrali, nonché la prima edizione della «Fiera del libro protestante», nata in collaborazione con la Claudiana sull’esempio di altre iniziative analoghe a Prali e Piedicavallo.

L’«ultimo atto» di questi dodici mesi ricchi di appuntamenti sarà un duplice evento, organizzato dalla chiesa valdese con il patrocinio del Comune e intitolato «L’eredità della Riforma».

Alle 17 ci sarà lo scoprimento del cippo in memoria del martire evangelico Niccolò Sartoris presso la piazzetta di S. Grato, in Via De Tillier, luogo della sua probabile esecuzione sul rogo. L’iniziativa, di alto valore civile, coinvolgerà le autorità, la comunità valdese e le altre comunità evangeliche valdostane, la cittadinanza. Saranno presenti il sindaco Fulvio Centoz e il pastore valdese Antonio Adamo, e il commento musicale a cura di Leonardo Rous (fisarmonica).

Alle 18 al tempio valdese seguiranno interventi per un dialogo ecumenico, la proiezione del video Ecclesia semper reformanda (con testi di Leo Sandro Di Tommaso, realizzazione di Patrizio Vichi, interviste al decano della Facoltà valdese di Teologia Fulvio Ferrario, colonna sonora a cura di Leonardo Rous, organo, e Daniela Martorina, violino), e il commento musicale a cura di Leonardo Rous (organo), Giorgia Gorret (violoncello), Daniele Di Tommaso (baritono) e Ana Critelli Lowery (soprano).

Ma chi era Niccolò Sartoris? Ce lo spiega Leo Sandro Di Tommaso: nel 1557 il ventiseienne «Niccolò Sartoris, di origine chierese, che aveva aderito alla Riforma ed era divenuto cittadino di Losanna dopo la morte del padre, anch’egli evangelico, nella prigione di Chieri, si recò ad Aosta per lavoro. Arrivato in città, si accorse della situazione di silenzio in cui vivevano ormai gli evangelici della città e non esitò a parlare con loro per incoraggiarli. Lo fece troppo apertamente sia per giovanile entusiasmo, sia perché abituato alla libertà di cui si godeva a Losanna, sostenendo anche in pubblico le dottrine riformate. Scoperto e denunciato, in un primo momento non volle fuggire, anzi, la fonte da cui tutti gli storici hanno attinto gli mette in bocca parole che manifestano un coraggio eccezionale di testimonianza: “Mio Dio, mi farai l’onore di soffrire per il tuo nome?”. Alla fine si decise a fuggire, prendendo la strada del Gran San Bernardo, ma fu catturato e sottoposto a processo dall’Inquisizione, che non esitò a torturarlo e interrogarlo per tre mesi al fine di costringerlo all’abiura. Il giovane resistette con grande coraggio e fede esemplare, perciò fu dato in mano al braccio secolare perché fosse arso vivo. L’esecuzione avvenne il 4 maggio 1557, forse nella piazzetta antistante la cappella di S. Grato, dove c’era la gogna e la corda per le torture pubbliche».

Quali furono le conseguenze di questo atto barbaro, ma all’epoca non così insolito?

«Questo martirio scosse molto l’opinione pubblica, destando di nuovo interesse e simpatia per la Riforma al punto da preoccupare lo stesso Emanuele Filiberto. Questi, infatti, in una lettera inviata l’8 luglio 1558 al vescovo Marc’Antonio Bobba, esponeva le sue perplessità sulle modalità con cui era stata eseguita la sentenza: quel rogo pubblico sulla piazza della città non era stata una buona iniziativa… “meglio che così fatti si faccian asseguir secretamente”…»

Immagine: By Unknown – http://www.johnfoxe.org/index.php?realm=text&gototype=modern&edition=1570&pageid=2191, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31693809