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Gli ebrei italiani che riuscirono a sfuggire alla Shoah

Le storie degli ebrei italiani che scamparono alla deportazione e a una morte quasi certa saranno al centro di un incontro pubblico a Torino per l’organizzazione della Comunità ebraica, con la partecipazione dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza (Istoreto) e di Riforma. Lunedì 15 gennaio, alle 18 alla Comunità ebraica (piazzetta Primo Levi 12), Alberto Corsani e lo storico Fabio Levi (docente di Storia contemporanea all’Università di Torino) discutono con Liliana Picciotto, autrice del libro «Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945» (Einaudi 2017). Gli interventi saranno coordinati da David Sorani dopo i saluti di Dario Disegni (Comunità ebraica) e di Luciano Boccalatte (Istoreto).

Il libro parte dal dato messo in rilievo dopo anni di studio da parte del Centro di documentazione ebraica contemporanea: più dell’81 per cento degli ebrei italiani riuscì a sfuggire allo sterminio. Ma dietro a questo dato numerico stanno una serie infinita di casi individuali, famigliari e collettivi; storie, anche, legate alla solidarietà che molti espressero nei confronti dei perseguitati. Storie che riguardano anche le comunità cristiane. Istituti cattolici e chiese, anche evangeliche, nascosero o favorirono la fuga. Negli occhi di molti c’è ancora il film francese «La colline aux mille enfants» (1994) che racconta dell’ospitalità data dalla famiglia pastorale e dalla scuola protestante di Le-Chambon-sur-Lignon a un certo numero di bambini ebrei.

Il libro di Liliana Picciotto racconta dunque anche alcuni episodi che riguardano il ruolo di singoli evangelici e delle relative comunità nel dare rifugio ai perseguitati: Firenze, per esempio, con l’opera dei pastori Tullio Vinay (valdese) e Lodovico Vergnano (metodista). E alcune pagine sono dedicate anche alla comunità di Rorà in val Pellice (valli valdesi del Piemonte), meno di 300 abitanti, dove diverse famiglie di ebrei del Torinese vennero nascoste, venendo a costituire quasi un decimo della popolazione. Nessuno parlò né fece la spia. L’interessante, per la parte valdese sta nel capire come sia stata vissuta e interiorizzata questa esperienza. Il libro si vale poi di testimonianze raccolte sotto forma di interviste o lunghe dichiarazioni, da parte anche di persone che ancora vivono nelle zone della presenza valdese.

L’autrice Liliana Picciotto aveva già all’attivo il precedente fondamentale studio dal titolo, in un certo senso complementare, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia. 1943-1945 (Mursia 1991-2001).