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Fine vita, la legge c’è ed è operativa

Sono passati quasi due mesi dall’entrata in vigore della Legge n. 219/17, recante Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento e si può tentare di trarre un primo bilancio. Come evidenziato da quasi tutti i primi commentatori, si tratta di una buona legge che avvicina il nostro paese alle nazioni più civili grazie anche allo sforzo di ampi settori dell’opinione pubblica e che ha visto in prima fila molte Chiese evangeliche che, sin dal 2009, hanno avviato la raccolta dei testamenti biologici, redatti da moltissimi cittadini italiani – evangelici, cattolici e laici – e, appunto, depositati presso i numerosi sportelli aperti dalle singole chiese.

In soli 8 articoli e in modo coerente con i principi costituzionali elaborati dalla giurisprudenza, la legge 219 apporta diverse e importanti novità in tema di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.

Si ribadisce espressamente (art. 1) il principio del consenso informato, per cui nessun trattamento sanitario potrà essere iniziato o proseguito senza il preventivo consenso libero e informato della persona interessata, a eccezione dei casi espressamente previsti dalla legge, e si promuove e valorizza la relazione di cura e fiducia tra medico e paziente in cui si incontrano «l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico», e alla quale sono chiamati a partecipare anche le persone vicine al paziente, se questi lo desidera.

È confermata poi la possibilità per il soggetto di rifiutare le informazioni e, soprattutto, di rifiutare il trattamento sanitario prospettato, con esonero del medico da qualunque responsabilità civile e/o penale, medico che, anche in caso di rifiuto delle cure, sarà però in ogni caso «tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo», con il divieto, espressamente affermato, di ogni ostinazione irragionevole nelle cure e con l’obbligo per il medico di adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente e, con il suo consenso, di ricorrere alla sedazione palliativa profonda.

Infine, l’art. 4 disciplina compiutamente le disposizioni anticipate di trattamento (Dat), prevedendo che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali, indicando, se vuole, un fiduciario, un soggetto cioè che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

Le Dat sono vincolanti per il medico e possono essere disattese solo nel caso che le stesse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita, e solo con l’accordo del fiduciario; nel caso di conflitto la decisione è rimessa al giudice tutelare. Le stesse devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (e dunque con l’intervento del notaio), ovvero per scrittura privata semplice: in quest’ultimo caso, però, la stessa deve essere consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito.

La legge, infine, è immediatamente operativa e, come precisato dal ministero degli Interni, non necessita di una specifica disciplina attuativa: i singoli Comuni (quand’anche non abbiano ancora istituito un apposito registro) sono perciò già in grado di ricevere presso gli uffici dello stato civile le Dat che i residenti nel Comune intendono depositare, rilasciando apposita ricevuta protocollata e annotando in un registro cronologico l’avvenuto deposito della dichiarazione che dovrà poi essere conservata dal Comune. Molti Comuni si sono già attrezzati al riguardo e, a esempio, Milano sin dal primo giorno ha aperto uno specifico ufficio per la ricezione delle Dat: è dunque ingiustificato, anche alla luce delle precisazioni fornite dal ministero degli Interni l’eventuale atteggiamento di quei Comuni che, allegando l’assenza di una disciplina regolamentare, rifiutassero di ricevere gli atti. Sarà invece necessario attendere l’emanazione di un apposito decreto del ministero della Salute per dare compiuta attuazione a quella parte della legge che prevede la trasmissione delle Dat alle strutture sanitarie, decreto previsto dalla legge di bilancio ma il cui iter di approvazione è più complesso.

Quanto sopra descritto riguardo ai requisiti formali vale anche per le Dat redatte prima dell’entrata in vigore della legge e quindi anche per le Dat raccolte dai nostri sportelli: gli interessati dovranno ritirare le proprie dichiarazioni e curarne personalmente il deposito presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza.