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Condannato per aver difeso la lingua tibetana

Ieri l’Ong internazionale per i diritti umani Human Rights Watch (Hrw) ha diffuso la notizia della condanna a cinque anni di reclusione contro Tashi Wangchuk. L’attivista tibetano è stato condannato dalla Corte nella prefettura di Yushu, nella provincia del Qinghai, per aver «incitato al separatismo». Wangchuk, 31 anni, fu arrestato il 27 gennaio 2016 dopo essere apparso in un video del New York Times, nel quale difendeva il diritto dei tibetani ad imparare e studiare la loro lingua madre.

Al quotidiano newyorkese, Tashi aveva dichiarato in modo esplicito che la richiesta non riguardava l’indipendenza del Tibet. Più volte esperti di diritti umani dell’Onu e organizzazioni internazionali hanno chiesto il rilascio dell’attivista, sostenendo che l’accusa contro Wangchuk viola la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, ratificata dalla Cina nel 1981. Secondo la convenzione, la Cina è obbligata a garantire che le minoranze etniche godano di pari diritti, compresa la libertà di espressione e «il diritto di partecipazione paritaria alle attività culturali». Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha affermato in un commento generale che «agli individui appartenenti a … minoranze non dovrebbe essere negato il diritto, in comunità con i membri del loro gruppo, di godere della loro cultura, di praticare la loro religione e parlare la loro lingua».

«L’unico “crimine” di Tashi Wangchuk – afferma Sophie Richerdson, direttrice di Hrw per la Cina – è di aver chiesto in modo pacifico il diritto delle minoranze ad utilizzare la propria lingua». Per la Richerdson, la condanna dell’attivista «dimostra che i critici delle politiche del governo sulle minoranze non hanno alcuna protezione legale». Nonostante la Costituzione cinese affermi che «Tutte le nazionalità hanno la libertà di usare e sviluppare le proprie lingue parlate e scritte», Pechino sta portando avanti una campagna di progressiva emarginazione della lingua tibetana: nel 2012, l’idioma tibetano è stato eliminato dalle scuole pubbliche del Qinghai e del Gansu, mentre le scuole private che insegnavano in lingua tibetana sono state costrette a chiudere.

Negli ultimi anni le autorità cinesi hanno arrestato decine di scrittori, artisti, cantanti, educatori e accademici tibetani che con le loro attività salvaguardano la loro cultura e i loro diritti civili.