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I protestanti svizzeri aumentano il loro impegno per i richiedenti asilo

«Prendersi cura dell’anima, ecco in che cosa consiste il compito dei cappellani nei Centri federali», spiega Esther Gaillard, vicepresidente del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Svizzera (Fces). Lunedì 18 giugno, i delegati della Fces riuniti in assemblea a Sciaffusa hanno deciso, all’unanimità, di aumentare il contributo nell’ambito del diritto d’asilo, passando da 350.000 a 420.000 franchi. Dal 1999 le chiese membri della Fces contribuiscono a un «finanziamento solidale» che deve essere ridiscusso a ogni cambio di legislatura e finora è sempre stato mantenuto. Per il periodo 2019-2022, i delegati hanno accettato non soltanto di proseguire questo impegno, ma di aumentarlo di 70.000 franchi (circa 60.000 euro) in virtù delle modifiche nel diritto d’asilo.

A partire dal prossimo marzo 2019, infatti, entrerà in vigore una nuova procedura, più scorrevole, che permetterà di elaborare il 60% delle richieste d’asilo in un tempo massimo di 140 giorni. Per arrivare a questo risultato, saranno creati diversi nuovi centri federali, aumentando in questo modo la richiesta e il carico di lavoro dei cappellani. «La cappellania è molto importante nei centri della Confederazione, comporta il sostegno alle persone che si trovano in una situazione di crisi, che hanno dovuto affrontare delle prove e dei viaggi traumatici», spiega Thomas Segessenmann, assistente legale del Dipartimento di gestione Asilo.

Attualmente si contano 22 cappellani riformati nei centri federali, aumentati di nove unità dal 2014, anno dell’ultima discussione del finanziamento solidale. Un numero analogo riguarda la presenza di cappellani cattolici, ebrei e musulmani. «Essere lì per le persone è tanto più importante in quanto i centri federali sono molto severi, la situazione è particolarmente difficile per i richiedenti asilo», aggiunge Esther Gaillard.

E Thomas Segessenmann conclude: «Oltre a essere più veloce, la nuova procedura incoraggerà allo stesso tempo i rimpatri volontari per le persone che non possono restare e proporrà migliori misure di integrazione ai richiedenti accolti in Svizzera».