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Dio mi ha concesso vita e grazia

Quel risveglio portava con sé una strana sensazione di freddo, intorno a me luci soffuse azzurrine, ero nudo e coperto sono con un lenzuolo. Ci misi poco tempo a realizzare cosa mi stesse accadendo: stavo tornando in vita e mi ritrovavo in un letto della sala di rianimazione… sì, perché durante l’intervento si era verificata una forte emorragia, poi era sopraggiunta una crisi respiratoria, e, alla fine, il mio cuore, esausto, si era fermato. Ero frastornato e stentavo a riprendere possesso di me, mi resi conto di averla scampata bella.

Ero vigile e la mente era lucida: mi aprii in una preghiera di ringraziamento al mio Signore, mescolando i miei sentimenti con le parole di lode dei salmisti che affioravano alla mia memoria. Dopo pochi istanti, però, mi resi conto che intorno a me c’erano altre persone che combattevano la loro estrema battaglia e la mia preghiera, da ringraziamento e lode, si trasformò in preghiera di intercessione.

Fu allora che realizzai cosa significhi per il credente lasciare agire lo Spirito che vive in tutte e tutti noi (cfr. 1 Cor. 3, 16). Fu allora che compresi il senso delle antiche promesse «Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Salmo 23, 4). Fu allora che compresi che l’unico senso da dare a questa proroga concessami dall’Alto era quello di spendermi ancor di più per gli altri e per il Vangelo. Forse prima non l’avevo fatto? Certo che sì! E allora?…

Questa volta c’era una nuova consapevolezza: la morte, seppur vicina, non mi aveva separato dall’amore di Dio (cfr. Rm 8, 35), quel Dio che aveva attraversato le mura del mio sepolcro per portarmi a nuova vita, indicandomi ulteriori nuovi percorsi da intraprendere, mai da solo, ma con Lui e al servizio degli altri.

Se diciamo che Egli è il Signore della vita, viviamo una vita degna della Vita (cfr. Gv 14, 6).