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Bob Kennedy, il sogno

Il 4 luglio del 1776 veniva ratificata la dichiarazione, inserita nell’atto firmato dai rappresentanti delle tredici colonie americane, i quali sottoscrivevano la determinazione a stabilirsi indipendenti dall’Inghilterra. Un documento che contiene alcuni dei principi alla base della cultura americana ancora oggi: l’eguaglianza di tutti gli uomini, il possesso, per grazia divina, di inalienabili diritti tra cui la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Si può trovare l’eco del monito che questi principi evocano, all’interno della parabola politica di alcune figure simbolo della storia americana. Uno di questi è Bob Kennedy, del quale, tra l’altro, ricorre quest’anno il cinquantenario della scomparsa. Lo Spazio Innov@zione della Fondazione CRC di Cuneo ha deciso così di celebrare questa ricorrenza, portando all’attenzione del pubblico la biografia, forse poco conosciuta in Italia, del noto politico, fratello del 35° presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy. Un percorso che è stato intenzionalmente improntato con attitudine più emotiva che politica.

Della mostra, “Bob Kennedy. The Dream – Emotional Experience”, parla il direttore artistico, Alessandro Marrazzo.

Quali sono i passaggi della sua vita e della carriera di Bob Kennedy che avete voluto sottolineare?

«La mostra cerca di rendere questo personaggio assolutamente universale e fuori da ogni tempo. Volevamo rendere contemporanee le sue parole e soprattutto i suoi discorsi, che possono sembrare attualissimi e che infatti continuano a essere letti. Lo spazio che accoglie la mostra è una galleria virtuale interattiva che propone delle video proiezioni che immergono totalmente gli spettatori e che permettono di indagare maggiormente su quello che si vede durante il percorso. Lo sforzo è stato quello di cercare di rendere tridimensionali e visive le parole e i concetti. Il percorso è studiato in maniera inusuale perché costruito in maniera di arrivare agli spettatori attraverso le emozioni: i contenuti sono scelti e posizionati in maniera che pian piano durante la mostra si riesca ad assorbire sempre di più non solo il pensiero ma anche la profondità dell’uomo».

Per chi non conosce questo personaggio, magari i più giovani, come ne descriverebbe il peso e  l’importanza?

«Abbiamo studiato la mostra proprio per chi non conosce bene Bob Kennedy. Ho scelto tre grossi momenti per presentare al pubblico italiano il personaggio, sono i tre passaggi che aprono la mostra. Il primo è il famoso discorso sul PIL che Bob Kennedy fece alla Kansas University pochi mesi prima della sua uccisione; un discorso rimasto scolpito nelle coscienze di tanti e che abbiamo voluto riportare anche fisicamente all’ingresso della mostra e che fondamentalmente dice che il pil è il nostro punto di riferimento, ne facciamo riferimento e misura tantissime cose, quasi tutto,ma non la cosa che abbiamo più cara, ovvero la nostra felicità. Si fa riferimento riferimento all’America ma il discorso è generalizzabile: nel PIL c’è di tutto, la distruzione delle foreste, la vendita delle sigarette, la vendita delle armi, ecc… Questo è il primo momento predisposto per far entrare in contatto con il pensiero di Bob Kennedy. C’è poi una teca con la riproduzione dell’automobile usata da JFK, il fratello più conosciuto che è stato presidente degli Stati Uniti e assassinato cinque anni prima di Bob perché ho voluto mettere in relazione le due figure. Il terzo momento che ho scelto per raccontare anche quanto fosse amato Bob kennedy in America, ma non solo, è un’altra teca in cui si vede la riproduzione del treno che, dopo il funerale, ne portò la salma a Whashington, dove poi venne seppellito. Questo tragitto di circa 400 km è uno degli eventi più commoventi della storia americana, immortalato da Paul Fusco, fotografo della Magnum, che fotografò dal finestrino una dimostrazione di cordoglio enorme: due milioni di americani, di ogni tipo, di ogni ceto che si riversano lungo i binari della ferrovia per dare l’ultimo saluto a un uomo che, tra l’altro, è stato tra i più fermi difensori dei diritti civili della comunità afroamericana. Un momento di cordoglio così forte che alcuni definiscono l’assassinio di Bob Kennedy come la fine del sogno americano, anche perché, pochi mesi prima, era stato ucciso anche Martin Luther King, allontanandosi così da quella che poteva essere la speranza di un mondo nuovo e più giusto».