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Dove c’era solo cemento, ora c’è un giardino

Il tempio metodista di Milano è particolare, bisogna scendere i gradini per entrarvi, perché sorge sotto il livello stradale: ma ha anche un’altra particolarità, uno spazio a gradoni sopra la sala del culto, che dopo anni di abbandono ha trovato una nuova vita.

Diversi anni fa, spiega Giulietta Mazzotta, membro della comunità e tra le animatrici dell’iniziativa, insieme alla pastora Eliana Briante era nata l’idea di creare uno spazio verde, poi accantonata perché i lavori di risanamento del tetto erano troppo onerosi. Essendo questi diventati necessari a causa delle infiltrazioni, nel 2015 si è recuperata l’idea, che nel frattempo era andata definendosi meglio all’interno della comunità.

Con un progetto finanziato con l’otto per mille, il contributo dell’Opcemi (Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia) e la nomina di un gruppo di lavoro, si è cominciato a studiare, spiega Giulietta, come realizzare concretamente l’orto. «L’idea era creare uno spazio condiviso, dove organizzare momenti di incontro, ma eravamo tutti poco esperti e per un paio di mesi ci siamo dedicati a conoscere e visitare le realtà già presenti nella città: abbiamo toccato con mano che a Milano (ma anche in altre città italiane) esistono innumerevoli orti condivisi, di ospedali, università, associazioni. Queste realtà sono legate da una rete molto forte attraverso Internet, e questo ci ha permesso tra l’altro di scoprire che proprio dietro l’angolo della nostra chiesa c’era da moltissimi anni un orto di quartiere».

La comunità ha sposato con entusiasmo l’idea di uno spazio di aggregazione sociale, aperto anche al quartiere, partecipando attivamente all’allestimento dell’orto nella primavera del 2016, insieme ai ragazzi stranieri accolti nei locali della chiesa metodista e seguiti dalla Diaconia valdese.

Per realizzare il progetto si è sfruttata un’idea ormai molto diffusa, scoperta (racconta Giulietta) visitando Expo 2015 e incontrando i responsabili dello studio milanese Piuarch, che sul proprio tetto a Brera ha realizzato un orto con questo sistema: utilizzare i pallet di legno per creare complementi d’arredo originali (fioriere, librerie, divani, tavolini): in questo caso, passerelle e spazi (nei pallet rovesciati) per la terra e le piante. Diversi gruppi si sono divisi gli spazi, rimodulabili secondo le esigenze, racconta Giulietta: «In una zona abbiamo coinvolto alcuni condomini dello stabile, incuriositi dal progetto, e ne siamo molto contenti perché grazie a questa attività persone che prima non si parlavano e non si conoscevano ora si incontrano, si scambiano idee, appianando anche alcune divergenze. Un’altra parte è seguita dalla scuola domenicale, un’altra da un gruppo di filippini della comunità, recentemente si è aggiunto il gruppo dei ghanesi».

L’orto, che accanto alle verdure include un’area dedicata ai fiori, è diventato anche una piccola oasi naturalistica: i ravanelli piantati dai bambini, in parte non raccolti, sono stati lasciati crescere per mostrare ai piccoli come si sviluppa la pianta. I fiori accolgono farfalle e api, secondo un progetto cui la comunità ha aderito visitando Green Week, un evento che il Comune di Milano organizza da alcuni anni.

L’iniziativa della chiesa metodista si inserisce infatti nel percorso di attenzione al verde intrapreso dalla città, spiega Giulietta Mazzotta: «Abbiamo deciso di seguire questa linea piantando lavanda, zenzero e altre piante adatte. Vedere le api posarsi sui nostri fiori, là dove un tempo non c’era niente, è stato emozionante! Al di là di quello che si può raccogliere in un orto piccolo come il nostro, è sicuramente un valore aggiunto, per il creato, il benessere…».

Con le altre realtà della città si è creata una bella sinergia, conclude Giulietta, che va dalla partecipazione alla prossima Green Week, a fine settembre, alla collaborazione con il Community Center della Diaconia valdese, da poco avviato a Milano, e con la scuola di italiano per migranti dell’associazione Asnada, la quale, in occasione della Green Week, presenterà una proiezione di storie di migranti proprio nell’orto. E chissà che anche questa iniziativa non stimoli altre comunità a seguirne l’esempio!