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Il disegno di Piobbichi: un simbolo per la difesa dei diritti

«Sono felice che i miei disegni siano utilizzati per dimostrare l’impegno che tante persone della società civile profondono per promuovere l’accoglienza, la solidarietà e i diritti», dice a Riforma.it Francesco Piobbichi, disegnatore e operatore sociale del progetto Mediterranean Hope (Mh) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei).

In questi giorni, infatti, il disegno che raffigura due mani che salvano una nave di migranti in balia delle onde nel Mediterraneo è stato trasmesso da molti telegiornali nazionali in seguito alla manifestazione di Milano, che lo ha utilizzato e esibito, indetta per contestare l’incontro tra Salvini e Orban.

Immagini evocative quelle di Piobbichi che, insieme ad altri disegni sono «bandiere contro il vento dell’ingiustizia – ci dice Francesco Piobbichi–, nate dalle esperienze vissute come operatore sociale e che mi hanno permesso di riscoprire la passione del disegnare e di raccontare storie».

«Salvare» vite a Lampedusa e in Libano con i Corridoi umanitari o su una nave come la Open Arms, ha condizionato la tua vita?

«Immensamente. Tutte le esperienze umane sono state forti, uno stimolo per la mia passione, una terapia che grazie alle matite mi ha permesso di entrare in punta di piedi nella vita di tante persone. Con il mio tratto infantile, semplice e diretto, con i miei “disegni dalla frontiera”, propongo una forma di resistenza popolare, diffondibile».

Una t-shirt con il tuo disegno è stata realizzata per il progetto Mh e recita: «Chi salva una vita salva il mondo intero».

«Oggi salvare vite può essere considerato un reato. Questo è il paradosso dei nostri tempi. Molti dei disegni che realizzo raccontano storie di morte e di salvezza. Di sofferenze atroci, fisiche e psicologiche inflitte a tante persone. Donne giovani, madri, ragazzi, uomini e anziani torturati in Libia, come in Siria, con plastiche bollenti sul corpo, scosse elettriche, digiuni forzati, percosse, violenze sessuali. Ancora conservo i loro doni, i loro oggetti, i regali, le loro poesie che – come quelle di Primo Levi – esprimono tutta l’incredulità e il dolore per le cattiverie che hanno subito dalle mani di altri esseri umani».

Racconti che sono come tatuaggi indelebili.

«Un bambino su un piccolo gommone da vacanza con i suoi due fratelli è in mezzo al mare e porta al braccio una flebo attaccata. L’ho disegnato; per me il suo ricordo è indelebile come un tatuaggio. È stato soccorso dalla Proactiva Open Arms sulla quale ero imbarcato e che la Fcei sostiene nel suo operato. Il bambino era malato di leucemia e non poteva curarsi nel suo pase. Se non lo avessimo soccorso sarebbe morto. La sua storia come quella di tante altre persone non può essere inserita in una statistica. È una storia umana con nome e cognome».

La recrudescenza politica e sociale in atto però non sembra accorgersi di questo…

«La nostra è una società violenta e competitiva che ci obbliga spesso a essere cinici. Il fenomeno migratorio spesso è affrontato in modo utilitaristico: “ci servono o non ci servono i migranti?”. Dobbiamo evitare di contrapporre retoricamente, o peggio ancora alimentare, il meccanismo che innesca “la guerra tra i poveri”. Dovremmo muoverci sul sentiero che porta verso la strada dei diritti, per tutti. Per chi vive all’interno della frontiera e per chi l’attraversa».

I tuoi disegni sono ponti, dunque?

«Ogni disegno è un mezzo di comunicazione e dunque utile. Ho pubblicato due libri: “Storie dalla frontiera” e “Filo spinato” per finanziare le attività di Mh. Non mi definisco un artista, bensì un operatore, un comunicatore di storie che ha deciso di trasmettere l’importanza dei diritti e dei legami sociali. Sono lieto che il mio disegno sia stato utilizzato per i motivi che ho detto alla manifestazione di Milano. È certamente uno dei miei disegni simbolicamente più efficaci. Spero che il disegno, nato per raccontare il progetto Mediterranean Hope, non sia “mostrato in pubblico” per promuovere campagne elettorali o permettere a qualcuno di rifarsi l’immagine, ma sia usato per rafforzare parole come giustizia sociale e solidarietà. Oggi dobbiamo invitare tutti al buon senso e a vivere con umanità».