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Sulle orme dei valdesi: il Gran Tour della fede

Si svolge dal 5 al 7 ottobre a Schönenberg (Germania) il convegno Sulle tracce dei valdesi e degli ugonotti, che intende approfondire l’identificazione culturale e religiosa attraverso luoghi e percorsi.

Parteciperanno relatori da varie zone d’Europa e interverrà anche Marco Fratini, bibliotecario della Fondazione valdese di Torre Pellice, per raccontare come i viaggiatori inglesi nell’Ottocento influenzarono la percezione e il modo di presentarsi dei luoghi storici e delle Valli Valdesi.

«Il convegno è organizzato dall’associazione dei valdesi in Germania – spiega Fratini – in particolare dallo storico Albert de Lange, responsabile della biblioteca e del museo valdese della città e che da anni collabora con la Società di Studi Valdesi. Il luogo scelto per l’incontro si trova nella zona compresa tra Stoccarda e Francoforte, dove furono numerosi gli insediamenti valdesi dal 1700. Una zona inserita infatti nell’itinerario culturale di carattere europeo Strade degli ugonotti e dei valdesi, un percorso sulle orme di rifugiati e sfollati che parte dalle Cévennes francesi, passa dal Piemonte e arriva nel nord dell’Assia, in Germania».

Il convegno intende ripercorrere alcuni aspetti delle tappe della storia dei valdesi e degli ugonotti fra XIX e XXI secolo, cercando di rivolgere attenzione all’attualità del valore culturale dell’itinerario europeo, come esempio di migrazioni e persecuzioni.

L’intervento di Marco Fratini, molto particolare, farà ragionare su come la storia si possa mescolare con la mitologia, creando aspettative e speranze che si concretizzano in luoghi fisici. Molto particolare la vicenda che coinvolge le Valli Valdesi, meta di “pellegrinaggio” da parte dei britannici durante il XIX secolo.

Spiega Fratini: «Il nome Valli Valdesi inizia a diffondersi alla fine del Seicento, comparendo anche nelle cartografie, con questa grande particolarità: una regione che ha un nome che si lega ad una religione e non, come normalmente accade, ad un fiume, un monte o qualche altro elemento naturale. Le Valli Valdesi vengono conosciute in tutto il mondo grazie al libro scritto dal pastore Jean Leger Histoire générale des Eglises Evangeliques des Vallées du Piemont ou Vaudoises. Potremmo definirlo il testo fondativo della “mitologia” valdese. Il libro circola in tutta Europa: le sue parole e le illustrazioni affascinano i lettori che si immedesimano nelle vicende del popolo valdese e ne apprezzano la forza e lo spiritò di libertà. Viene letto anche in Gran Bretagna, dove la situazione religiosa del periodo è molto frammentata e tormentata, i fedeli sono alla ricerca di conferme e di qualche mito a cui aggrapparsi».

Il mito, per molti, è rappresentato proprio dai valdesi e dalle valli del Piemonte. Inizia così una sorta di turismo “religioso”, un vero e proprio Gran Tour della fede, una ricerca di antenati, di purezza evangelica, di luoghi protagonisti di vicende importanti.

Conclude Fratini: «purtroppo quando i britannici arrivano alle Valli, non trovano i punti di riferimento che tanto cercavano, perché i locali non avevamo mai avuto necessità di creare un aggancio fisico tra la storia vissuta e luoghi definiti. Nasce quindi la necessità di dare forma concreta ad avvenimenti storici e luoghi conosciuti solo attraverso i racconti dei libri. Da quel momento l’immagine della storia cambia, anche per i valdesi stessi. Incominciano a nascere monumenti, lapidi, templi, e di pari passo anche una sorta di sacralizzazione del paesaggio».

Tra i valdesi e i britannici si instaura quindi un rapporto in cui il visitato e il visitatore si scambiano vicendevolmente qualcosa. I valdesi offrono i miti della libertà di coscienza e del cristianesimo più puro, mentre i britannici li sostengono economicamente e diplomaticamente.

Del resto, il turismo è fatto anche di questo: uno scambio culturale di cui conservare ricordi, emozioni, idee e, perché no, souvenir.