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Aprite i porti per Sea Watch 3. Il ponte umanitario fra mare e terra

«Affrontiamo la giornata di oggi, 4 gennaio  2019, con gratitudine, gioia, imbarazzo e tristezza» – così la vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) Christiane Groeben alla vigilia del rendez-vous con Sea Watch 3 nell’ambito dell’Alleanza United4Med che con due imbarcazioni da Malta va in sostegno della nave che ormai da 14 giorni attende l’assegnazione di un porto sicuro per le 32 persone, donne, uomini e bambini, salvate nel Mediterraneo centrale il 22 dicembre scorso. 

Groeben salirà a bordo della Sea Watch 3 in mattinata, insieme a una delegazione di parlamentari europei tedeschi, giornalisti internazionali e attivisti della società civile, in sostegno alla Ong che opera nella ricerca e soccorso in mare. La Fcei ha recentemente siglato un accordo di partenariato con Sea Watch per dare concretezza alle sue attività umanitarie, come da tempo fanno le chiese protestanti tedesche. 

«Affrontiamo questa giornata con gratitudine per le persone e le Ong come la Sea-Watch che non si lasciano scoraggiare nella loro missione di salvare vite. Con gioia per le 32 persone alle quali hanno dato una speranza per un futuro di rispetto e libertà. Con imbarazzo perché a loro viene negato il diritto di mettere piede sulla terra ferma europea. Con tristezza perché non so che fine abbia fatto l‘idea di un’Europa unita che accoglie lo straniero, non importa di quale etnia, religione o cultura – ha proseguito Groeben -. Noi chiese protestanti italiane e tedesche proponiamo il modello dei “corridoi europei“, come già abbiamo realizzato ecumenicamente con la Tavola valdese e la comunità di Sant’Egidio i corridoi umanitari; chiediamo a chi di competenza di valutare insieme i passi politici necessari. Ce la possiamo fare anche questa volta? Wir schaffen das? Ci vuole cooperazione e bisogna smettere di far finta che il problema non esista». 

Sea Watch e Mediterranea raggiungeranno Sea Watch 3 al largo di Malta per portare supporto, rifornimenti e per un cambio equipaggio.

 «Il governo di Berlino non ha ancora dato risposta positiva alla richiesta di decine di città tedesche disponibili ad accogliere le persone salvate» si legge nel comunicato congiunto diramato all’alba. Intanto, gli osservatori, i giornalisti internazionali, tedeschi e italiani potranno ancora una volta raccontare le conseguenze della violazione dello stato di diritto nel Mediterraneo: “gli Stati europei, a cominciare da Malta e dall’Italia, forniscano un porto sicuro come il diritto del mare prevede – fanno appello le Ong -. Le navi che salvano le vite in mare non sono sole, tanta parte della società civile europea non si rassegna alla disumanità e alla violenza dell’indifferenza. Tra mare e terra esiste un ponte fatto di alleanze e solidarietà inarrestabili. Stiamo facendo, una volta di più, quello che le autorità e i governi continuano a non fare: andare a prestare soccorso a chi in mare rischia la vita a causa delle politiche europee di chiusura dei canali di ingresso legali, facendo ogni sforzo possibile per ridurre le sofferenze di persone, anche bambini piccolissimi, che hanno già affrontato l’inferno dei deserti e dei lager libici. Perché una società che viola i diritti fondamentali di alcuni è una società insicura e pericolosa per tutti».

Le Ong chiedono ai Sindaci delle città d’Europa, alle realtà associative, ad ogni singola persona che crede in un futuro di giustizia e umanità di “sostenere queste richieste e continuare a navigare insieme a noi”. 

Fcei e Diaconia valdese si sono già dette pronte e disponibili all’accompagnamento e all’accoglienza dei 49 profughi della Sea Watch e della Sea eye.

Immagine Fabian Melber/ Sea-Watch.org