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Ascoltare Karl Barth

A cinquant’anni dalla morte di Karl Barth due appuntamenti a Milano e a Roma ricordano la vita e il pensiero del grande teologo svizzero. Per l’occasione, l’agenzia Nev ha intervistato Fulvio Ferrario, pastore valdese, decano della Facoltà valdese di Teologia e curatore dell’autobiografia barthiana riveduta e ampliata.

Professor Ferrario, come è nato il libro “Karl Barth, Come sono cambiato”?

Il direttore mi aveva chiesto una piccola biografia teologica di Barth e ho pensato che, piuttosto che proporre un mio riassunto di pubblicazioni autorevoli, sarebbe stato più significativo ripubblicare un testo dello stesso Barth, tradotto negli anni ’70 e ormai introvabile. Si tratta di una autobiografia molto semplice e narrativa, suddivisa per decenni, dal 1928 al 1958. Al corpus centrale, ho aggiunto un prologo e un epilogo che narrano i primi e gli ultimi anni della vita di Karl Barth.

Perché secondo lei è importante ricordare la figura di Karl Barth, non soltanto nell’anno barthiano, ma in generale?

Intanto, perché è un classico. E come tutti i classici, comunque la si pensi, Karl Barth rappresenta un riferimento decisivo. Autori come TommasoFriedrich SchleiermacherRudolf BultmannPaul Tillich e, appunto, Barth parlano aldilà delle singole contingenze e presentano i grandi problemi della fede in termini tali da essere sempre istruttivi. In secondo luogo, per l’attualità di Barth. È vero che la sua opera principale in 13 volumi e oltre 9000 pagine è impegnativa, ma Barth ha scritto anche testi più brevi, di grande valore. Gli anniversari servono anche a questo, a far uscire dalle stanze degli addetti ai lavori un patrimonio della cultura e in particolare della chiesa. In terzo luogo, Barth è stato un teologo della chiesa, con una concezione ecclesiale della teologia. Immaginava i suoi studenti con la toga nell’atto di esercitare ministero pastorale. In questo momento, in cui le nostre chiese europee non se la passano bene, Barth può dare uno stimolo alla creatività. Non è importante essere barthiani o bultmaniani, ma rivivere con originalità nel nostro piccolo le sfide del tempo.

Qual è un insegnamento di Barth che è stato prezioso nella sua vita?

Ciò che ha più inciso nella mia formazione, non solo ecclesiale, si trova in un testo di Barth di poche centinaia di parole, la Dichiarazione teologica del Sinodo confessante di Barmen del 1934. È un documento che ha avuto enorme importanza politica nella resistenza ecclesiale contro il paganesimo nazionalsocialista. Senza pronunciare il nome di Hitler, senza pronunciare direttamente le parole dell’attualità, in quella tesi Barth ha predicato l’evangelo mettendone in primo piano una lezione politica. Un testo sommamente politico essendo sommamente ecclesiale.


Gli appuntamenti:

MILANO – Sabato 2 marzo, il Centro culturale protestante invita all’incontro con Fulvio Ferrario che parlerà di “Karl Barth. Il lieto partigiano di Dio”, la vita e il pensiero di uno dei maggiori teologi del XX secolo. Sabato 2 marzo alle 17, via Francesco Sforza 12a.

ROMA – Giovedì 7 marzo, a cinquant’anni dalla morte del teologo Karl Barth, la libreria Claudiana organizza la presentazione dell’autobiografia “Come sono cambiato” a cura di Fulvio Ferrario. Oltre al curatore intervengono Fabrizio Bosin e Paolo Ricca. Alle 18.30 presso la sala valdese, via Marianna Dionigi 59.


Karl Barth è nato a Basilea il 10 maggio 1886 ed è morto, sempre a Basilea, il 10 dicembre 1968. Teologo svizzero, fermo oppositore del nazismo, fu tra i principali autori della Dichiarazione teologica di Barmen, approvata nel maggio 1934 dai delegati delle 29 chiese evangeliche regionali tedesche nel “Sinodo confessante della Chiesa evangelica”, in risposta alle pressioni esercitate sul protestantesimo tedesco dal nazionalsocialismo.