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Le chiese riformate mondiali riunite in Svizzera

Ci siamo ritrovati per il nostro incontro annuale, i 22 rappresentanti, dai cinque continenti,  eletti nel comitato esecutivo nel 2017 dalla assemblea mondiale dei protestanti che fanno parte della Comunione Mondiale di Chiese Riformate (Cmcr o Wcrc). Una associazione che rappresenta 230 chiese in 105 nazioni a cui aderiscono più di cento milioni di credenti. Erano anche presenti i presidenti delle nostre regioni: Estremo oriente, Africa, Sudamerica, Pacifico e Oceania, Nordamerica e Caraibi, Europa ed alcuni consulenti e i membri della staff.  

In una settimana dobbiamo dovuto affrontare, ogni giorno dal mattino alla notte, un intenso programma di lavoro strutturato in culto mattutino e serale, rapporti dai vari continenti, discussione in plenaria, approfondimento in piccoli gruppi di lavoro che ogni tanto si protraevano fino a notte per redarre documenti. 

Si è trattato di vagliare le informazioni sulla vita e sui problemi delle nostre chiese e società, i rapporti ecumenici, l’essere riformati oggi,  la solidarietà, le difficoltà particolari in alcune zone del mondo. 

Per affrontare questa impegnativa agenda, seguiti dal nostro piccolo ufficio di Hannover, ci siamo dotati di un piano strategico incardinato su alcuni punti che seguiremo fino alla fine del nostro mandato settennale. 

Innanzi tutto rafforzare la Comunione attraverso una giusta e piena inclusione di tutti e tutte, impegnandoci, ad esempio, a seguire le poche chiese che ancora non hanno ministeri femminili, in obbedienza a quanto ha stabilito l’assemblea mondiale adottando la “dichiarazione di fede  sulla ordinazione delle donne””, poi l’impegno a creare comunità fra e dentro le chiese, soprattutto quelle che soffrono, e sono tante, accompagnandone i membri con la nostra solidarietà. 

A questo si lega l’altro grande tema la Giustizia: ecologia, economia, genere, focalizzando soprattutto il problema del “sud globale” del mondo sempre più condannato all’impoverimento e al degrado. Come non pensare che, di fronte ai problemi del clima impazzito e della catastrofe ecologica, sia necessario riprendere e rilanciare i temi della confessione di Accra che noi riformati di tutto il pianeta abbiamo redatto nel 2004 e che parlava della necessità di lottare per una giustizia economica ed ecologica sulla terra? Mi si permetta di ricordare che essa affrontava questi temi ben prima delle encicliche papali!

Naturalmente,dobbiamo occuparci dell’aspetto teologico della nostra riflessione. Quale è il significato di essere riformati oggi? Lo sviluppo va essenzialmente in due direzioni: la nostra spiritualità nel quotidiano e nella chiesa e il vivere una fede che resista alle montanti culture della discriminazione, autoritarismo e nazionalismi. La ricerca deve naturalmente continuare ed abbiamo dato il nostro sostegno al “global Institute of theology” che organizza dei brevi periodi di formazione per studenti di teologia provenienti da tutto il mondo.

La Missione è il campo in cui molte nostre chiese sono e restano impegnate, soprattutto nei paesi lontani, mentre noi europei non riusciamo a trovare un modo per proclamare la fede in un mondo secolarizzato. Ma è missione anche occuparci delle chiese che soffrono nei paesi islamici, in quelle che soffrono crisi ed emigrazioni e quelle che sviluppano progetti per la risoluzione di conflitti in Venezuela, Colombia, Camerun, Siria e Indonesia… per citarne solo alcuni. Mi ha fatto un enorme piacere sapere come alcuni nostri fondi dell’otto per mille siano stati destinati in questo campo e in quello del primo aiuto destinato a popolazioni povere colpite da catastrofi.

Infine l’Ecumenismo, che ci ha portati due anni fa a firmare la dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta anche da cattolici, luterani, metodisti ed anglicani. Tale impegno deve proseguire anche su temi difficili come l’ospitalità alla Cena, che è tuttora rifiutata dalla chiesa cattolica. 

L’ecumenismo è stato però soprattutto vissuto quest’anno coni rappresentanti dei Mennoniti nel mondo, eredi diretti degli anabattisti, che vennero condannati a morte o costretti all’esilio dal Consiglio della città di Zurigo, proprio all’inizio della riforma della città. Vi sono stati dei bellissimi segni di riconciliazione della memoria con questi fratelli e sorelle della riforma radicale e l’impegno di proseguire il dialogo e il confronto teologici nella fraternità. 

Abbiamo lavorato a Kappel dove la chiesa di Zurigo ha trasformato un antico convento in un centro di incontri, proprio nel luogo in cui i cantoni cattolici mossero guerra ai protestanti e dove il riformatore Ulrico Zwingli venne ucciso, e il suo corpo venne fatto a pezzi e bruciato. La domenica abbiamo partecipato al culto nel Grossmuenster di Zurigo, in quell’occasione si celebrava il quinto centenario della riforma svizzera e il primo centenario della consacrazione della prima donna al pastorato in questo cantone. Nella predicazione tenuta dalla pastora libanese Najla Kassab, presidente del Comunione, è stato sottolineato come questi due anniversari marcassero la continua evoluzione delle nostre chiese e il loro impegno ad essere “sempre in riforma”.

Infine nell’unica serata libera ci è stato proiettato il film sul riformatore Ulrico Zwingli  ed abbiamo avuto il privilegio di poterlo discutere col regista Stefan Haupt. A mio parere il film è bellissimo, se arrivasse in Italia andate a vederlo.