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Giornata del Rifugiato, a Torino si ragiona di inclusione

Sono 70 milioni nel mondo le persone che hanno lasciato ciò che era la loro vita, la casa, gli affetti, a causa di guerre e povertà; un numero enorme, che non si genera nell’arco di pochi mesi. Eppure pressoché ovunque, a livello politico, la questione viene presentata e affrontata come emergenziale, da cui la necessità di rispondere con provvedimenti eccezionali, solitamente di chiusura di fronte all’”inattesa” invasione, mentre servirebbero soltanto risposte di tipo strutturale, sistemico. C’è chi, nonostante i nostri paiano esser tempi di odio, non cessa di seminare speranza. L’associazione “Mosaico – Azioni per i rifugiati” di Torino ha una caratteristica peculiare: è composta da persone migranti, da chi in questi anni ha già vissuto i travagli, le speranze, le angosce, che sono oggi i sentimenti che accompagnano chi si mette in viaggio in cerca di una fiammella di luce per sé e i propri cari.

Particolarmente importante dunque che sia proprio Mosaico il capofila nell’organizzazione di un appuntamento in occasione del 20 giugno, “Giornata internazionale del rifugiato”, data scelta per ricordare l’approvazione nel 1951 della “Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati” da parte delle Nazioni Unite. A Torino si terrà infatti una conferenza, “Percorsi di integrazione nei paesi del Sud Europa”, che «per la prima volta in Italia vedrà la presenza congiunta dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, e il Consiglio Europeo dei Rifugiati e degli Esuli, l’Ecre» (una rete di 102 Ong di 41 paesi europei che protegge e promuove i diritti dei migranti, dei richiedenti asilo e degli sfollati, ndr.) – racconta Massimo Gnone, che per l’agenzia Onu si occupa proprio di integrazione. «L’evento – prosegue Gnone – porterà in città rappresentanti di istituzioni e organizzazioni della società civile da tutta l’Europa meridionale. È molto rilevante che un evento così importante sia pensato e organizzato dai rifugiati stessi, che hanno così modo di confrontarsi con le organizzazioni della società civile e le istituzioni, a livello locale, nazionale e internazionale, rilevando criticità e mancanze e soprattutto proponendo soluzioni che arrivano dalla propria esperienza quotidiana, come persone attive della società».

Il tema dell’inclusione sociale dei rifugiati è stato identificato come una delle lacune più grosse in quasi tutti i paesi dell’Europa meridionale mentre potrebbe fornire un interessante “valore” dal punto di vista economico e sociale. Ruth Kiyindou, presidentessa di Mosaico, per questo insiste sull’importanza «di simili momenti di riflessione, discussione, con il coinvolgimento di altre realtà locali e internazionali che lavorano sul tema, al fine di individuare e promuovere buone pratiche in uso in altre nazioni».

La prima parte della giornata, che prenderà avvio alle ore 9, sarà suddivisa in varie sessioni di approfondimento: da un lato, una panoramica dettagliata delle questioni affrontate in Italia; dall’altro, alcuni beneficiari di protezione internazionale porteranno una testimonianza della realtà vissuta dai “nuovi” cittadini europei di oggi. Nel pomeriggio, alcuni workshop mireranno a discutere le buone pratiche di integrazione e a sviluppare risposte concrete e innovative che potrebbero essere attuate. Fra i relatori anche Catherine Woollard, segretaria generale dell’Ecre e il professor Paolo Naso, coordinatore del programma Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Proprio come motore di inclusione sociale si offre il Museo Egizio. Da tempo, oltre a svolgere attività di studio, valorizzazione e conservazione di un grande patrimonio collettivo, è diventato anche luogo di confronto e dialogo. 

«Il nostro museo è da tempo attivamente impegnato sul tema dell’inclusione sociale – ci racconta Christian Greco, dal 2014 direttore dell’Egizio, salito alla ribalta delle cronache lo scorso anno per le polemiche seguite all’iniziativa di un biglietto omaggio per ogni coppia di origine araba, così da avvicinare anche gli stranieri al grande patrimonio storico dell’istituzione -. «Vogliamo che il Museo Egizio sia la casa di tutti: guidati dall’articolo 9 della Costituzione, siamo consapevoli della responsabilità che abbiamo nei confronti dell’intera comunità, che qui deve poter trovare l’opportunità di comprendere il patrimonio culturale che custodiamo. Questo diviene quindi il luogo in cui ogni cittadino, anche chi lo è da poco tempo, deve sentirsi accolto, avere la possibilità di conoscere quanto custodiamo e, così facendo, comprendere meglio sé stesso e gli altri. Ecco perché abbiamo attuato numerose iniziative di inclusione, al nostro interno e all’esterno, guardando con attenzione alle fasce di popolazione più svantaggiate: ad esempio, aderendo al progetto “Liberi di imparare” della Casa Circondariale Lorusso-Cotugno, che ha visto i detenuti alle prese con riproduzioni dei nostri reperti divenute a loro volta oggetto di un progetto espositivo; oppure il programma “Stargate”, grazie a cui un gruppo di giovani stranieri ha compiuto un percorso di studio della lingua italiana all’interno del Museo, o ancora il workshop “Musei e Migranti”, rivolto alla formazione e alla sensibilizzazione degli operatori museali, sociali e culturali». 

Il mar Mediterraneo è il crocevia di vicende che hanno visto dialogare popoli dalle tradizioni assai distanti, e per il direttore di un museo quale quello torinese «ha un significato che, chiaramente, va ben oltre l’antico Egitto: è la culla della nostra civiltà, il perno intorno al quale si è sviluppato un patrimonio storico e culturale di immenso valore. La sua storia è fatta di scambi e di viaggi, che hanno contribuito alla definizione delle culture che vi si affacciano, ma che, allo stesso tempo, sono legati direttamente al Museo Egizio: se dal 1824 questa istituzione esiste, infatti, è proprio in virtù degli stretti rapporti che legano, da sempre, le sponde del “Mare nostrum”». La cultura può dunque svolgere un ruolo chiave nella società di oggi «in quanto è uno strumento indispensabile per comprendere la realtà- conclude Greco-, tanto più in società complesse e multiculturali come quelle in cui viviamo: è cioè un modo per superare le semplificazioni e le paure che sono alla base del razzismo».

Qui il programma della giornata.