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Lombardia: la Consulta smonta un altro pezzo della legge sugli edifici di culto

Ieri 5 dicembre la Corte Costituzionale ha smantellato un altro pezzo della legge della Regione Lombardia sulla localizzazione dei luoghi di culto.

Votata nel 2015 era già stata in parte smontata dalla Corte Costituzionale a febbraio 2016 per la palese discriminazione che metteva in atto nei confronti di interi gruppi di cittadini violando la libertà di culto.

A ottobre 2018 era stato il turno della sentenza del Tribunale amministrativo regionale lombardo, arrivata a seguito del ricorso del comune di Sesto Calende contro la costruzione di una moschea sul suo territorio, sollevare la questione della legittimità della legge in vigore, nonostante le modifiche recepite nel 2016. Per questo motivo è stata di nuovo interpellata la Consulta che si è espressa ieri.

Il ricorso al Tar era stato presentato dall’Associazione comunità islamica ticinese dopo l’ennesimo no dell’amministrazione comunale alla domanda di apertura di un luogo di culto nella cittadina sul lago Maggiore.

Come avevamo già evidenziato la norma pone tutta una serie di paletti amministrativi e urbanistici che di fatto rendono impossibile aperture di luoghi di culto, rimandando inoltre a un referendum dei cittadini la decisione finale. I vincoli riguardano chiunque, dunque anche le chiese evangeliche e qualsivoglia altra confessione: in teoria anche quella cattolica, che però già dispone dei luoghi di culto per cui non è investita dal problema.

Le attenzioni dei giudici si concentrano questa volta su due aspetti: l’obbligo, previsto dalla legge regionale, di un apposito Piano per le attrezzature religiose (Par), una modalità di azione prevista soltanto per gli edifici di culto e non per altre opere di urbanizzazione secondaria. Il secondo aspetto riguarda la consequenzialità fra l’adozione del Par e il Piano di governo del territorio (Pgt), lo strumento di pianificazione urbanistica della regione lombarda che, dipendendo in toto dalle scelte politiche dei Comuni, secondo gli ermellini rende «assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto. Le norme censurate finivano così per determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio».

Insomma viene violato l’articolo 19 della Costituzione sulla libertà religiosa perché secondo i giudici «La libertà religiosa garantita dall’articolo 19  comprende anche la libertà di culto e, con essa, il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare. Pertanto quando disciplina l’uso del territorio, il legislatore deve tener conto della necessità di dare risposta a questa esigenza e non può comunque ostacolare l’insediamento di attrezzature religiose».

«La sentenza – ha dichiarato all’agenzia stampa Nev-Notizie Evangeliche Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – mette ordine nella materia, ricordando che le politiche territoriali non possono ostacolare il diritto per tutte le manifestazioni religiose di esistere e avere un luogo di culto dove esercitare i propri diritti. A distanza di 3 anni una nuova pronuncia della Corte costituzionale che interviene sulla legge regionale lombarda sui luoghi di culto, annullando altre 2 disposizioni ritenute violative della libertà religiosa garantita dall’articolo 19 della Costituzione. Una legge che contiene tali interventi risulta ulteriormente indebolita nel suo impianto generale e nei suoi scopi specifici.  E’ sempre più urgente l’emanazione di una legge quadro sulla libertà religiosa che, anche in materia dei luoghi di culto, garantisca i diritti in modo uniforme in tutto il territorio italiano e per tutti».

Nel 2016 una norma analoga è entrata in vigore in Veneto e quindi in Liguria.

 

Foto: la moschea di Segrate (Mi)