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Archiviata la querela contro la giornalista Maria Grazia Mazzola

Archiviata – perché falsa e infondata – la querela per molestie e diffamazione presentata dalla mafiosa Monica Laera nei confronti di Maria Grazia Mazzola, inviata speciale del Tg1. Soddisfazione per la decisione è stata espressa dal sindacato Stampa romana, dall’Ordine nazionale dei giornalisti, da Ossigeno per l’Informazione.

A disporre l’archiviazione, il giudice di Bari Giovanni Anglana che ha sancito e ribadito la correttezza dell’esercizio del diritto di cronaca esercitato da Mazzola, sottolineando che «è di agevole comprensione l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, atteso che le domande poste dalla giornalista (in realtà appena accennate, attesa la reazione della Laera) vertevano su di un episodio di cronaca giudiziaria (che vedeva coinvolto il figlio della Laera) e dovevano innestarsi nell’ambito di un programma televisivo sulla devianza minorile».

Il 9 febbraio 2018 la giornalista Mazzola veniva aggredita nel quartiere Libertà di Bari dalla boss Monica Laera, moglie del boss Lorenzo Calderola condannata in Cassazione per 416 bis, che le sferrava un cazzotto sulla guancia sinistra perché infastidita dalle domande che la giornalista le rivolgeva nell’ambito di un’inchiesta sulle baby gang e la criminalità in Puglia. In particolare, Mazzola poneva domande sul figlio, Ivan Caldarola, rinviato a giudizio per stupro nei confronti di una bambina di dodici anni. Dopo il pugno in pieno viso, la Laera minacciava di morte la giornalista. Il tutto si svolgeva in strada, su suolo pubblico, e veniva ripreso da ben tre telecamere.

Nonostante l’evidenza dei fatti, la mafiosa Monica Laera decise di querelare la Mazzola per diffamazione e molestie, tentando di stravolgere la dinamica dei fatti e passando da aggressore a vittima. Finalmente con la sentenza di archiviazione il Gip Giovanni Anglana ha reso giustizia, precisando che l’appartenenza di Laera e Caldarola alla criminalità organizzata di stampo mafioso, «è stata accertata giudizialmente» e il fatto che l’inviata del Tg1 l’abbia sottolineata in alcune circostanze, non è «una mera illazione della giornalista». Inoltre a Bari, Mazzola si era recata nel quartiere Libertà, qualificandosi come giornalista, per strada, nei pressi dell’abitazione di Laera e Caldarola, si era limitata a «chiedere informazioni circa la residenza di Caldarola e la vicenda giudiziaria che aveva interessato il figlio Ivan» (falsa l’accusa che la Mazzola aveva tentato di entrare nella casa privata della Laera, non rispettando il lutto per la morte della nonna). 

Intanto va avanti il processo penale sull’aggressione fisica subita da Mazzola. Nel novembre 2018 la Procura di Bari ha chiuso le indagini preliminari, riconoscendo il carattere mafioso dell’aggressione subita dalla giornalista. La pm Lidia Giorgio della Direzione distrettuale antimafia di Bari ha contestato alla moglie del boss del quartiere Libertà l’articolo del codice penale 416 bis, perché la minaccia di morte e l’aggressione fisica avevano l’obiettivo di controllare il territorio, cioè il quartiere Libertà, facendo pesare il suo status di mafiosa e di moglie di mafioso. 

L’udienza preliminare si celebrerà il 16 gennaio 2020. Associazione stampa romana ha dichiarato: «Attendiamo l’apertura del processo penale sull’aggressione fisica subita da Mazzola, nel quale l’Asr chiederà la costituzione di parte civile per ribadire il principio dell’intangibilità del giornalismo e del giornalismo d’inchiesta».

Foto di Pietro Romeo: Maria Grazia Mazzola durante l’ultimo sinodo valdese e metodista a Torre Pellice lo scorso agosto