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Chiese contro la tratta di esseri umani

Una volta salvati, i sopravvissuti alla tratta di esseri umani sono spesso riluttanti a parlare delle loro esperienze. Ciò accade di solito perché hanno paura di essere incolpati dalla famiglia e dalla comunità per lo sfruttamento e l’abuso che hanno subito nelle mani di capi e agenzie di collocamento.

Fabienne ha deciso di parlare invece. È preoccupata per le altre donne che potrebbero cadere vittima di approfittatori. Ha persino accettato di registrare la sua storia personale, confidando che sarà condivisa con sensibilità.

Fabienne decise di sfuggire alla crisi finanziaria del Madagascar dopo il colpo di stato militare nel 2009. Si avvicinò a un’agenzia di reclutamento che le offrì lavoro in Kuwait. Il duro lavoro, la mancanza di tempo libero e il rispetto delle osservanze religiose imposte hanno messo a dura prova la sua salute e alla fine l’hanno portata in ospedale.

Fabienne ha capito che sarebbe stato meglio per lei tornare a casa, ma ha dovuto affrontare molti ostacoli: «L’agenzia non mi ha permesso di tornare in Madagascar. Voleva che restassi a lavorare. Poi la gente dell’agenzia mi ha picchiata e costretta a tornare al lavoro». La situazione complicata di Fabienne era dovuta al fatto che il suo passaporto era stato confiscato all’ arrivo all’aeroporto del Kuwait, e il Madagascar non ha alcuna rappresentanza diplomatica in quel paese. Alla fine, fuggì e corse all’ambasciata francese, dove il personale l’aiutò a trovare un rifugio temporaneo. Fabienne è una delle 235 donne malgasce vittima di tratta salvate dal lavoro forzato in Libano o in Kuwait negli ultimi dieci anni grazie all’aiuto della pastora Helivao Poget.

Poget è direttora del Ministero per le persone marginalizzate (SAFFIFAA) della Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar (FJKM), membro fra l’altro della Cevaa, la Comunità di chiese in missione. Ha lavorato come pacificatrice internazionale con il programma della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti nel 2013 e sta lavorando per porre fine alla tratta di esseri umani in Madagascar e altrove attraverso la prevenzione. È arrivata a rendersi conto che gli sforzi di prevenzione iniziano con l’affrontare le questioni della violenza domestica e della povertà, questioni che rendono le donne più vulnerabili alla tratta verso una situazione di lavoro forzato o peggio.

Il programma SAFFIFAA ha preso il nel 2009, sotto l’egida del programma di cappellania della FJKM per affrontare le difficoltà dei gruppi vulnerabili a causa della crisi politica. Quando un membro dell’FJKM ha telefonato a Poget, allarmato per un parente stretto che era intrappolato in un simile regime di occupazione in Kuwait, Helivao si è recata in Kuwait per valutare la situazione. Ha trovato decine di donne malgasce in situazioni simili, tra cui Fabienne, e alla fine ha contribuito a garantire il loro ritorno in Madagascar.

Una volta che queste donne erano tornate a casa in Madagascar, Poget ha iniziato a meditare su come contrastare il fenomeno migratorio che alla fine porta alla tratta all’estero. Ha concluso che una pericolosa combinazione di violenza domestica, usanze locali e grave povertà rende vulnerabili soprattutto le giovani donne delle comunità rurali: «Nella nostra valutazione della situazione della tratta di sopravvissuti che tornano a casa, la maggior parte delle donne che se ne vanno sono già sopravvissute alla violenza domestica. Dicono: “Siamo già vittime di aggressioni e violenze all’interno delle nostre stesse famiglie. Siamo già state picchiate. Anche se saremo picchiate ancora lo saremo da qualcun altro che non conosciamo, ma forse avremo un buon stipendio».

È così che Helivao ha spostato la sua attenzione dalla tratta di esseri umani in Madagascar e altrove verso la prevenzione, che inizia affrontando la violenza domestica e aumentando la consapevolezza dei rischi di essere vittime di trafficking in una situazione di lavoro forzato o peggio. Grazie a una sovvenzione delle donne presbiteriane del 2019 al programma SAFFIFAA, Poget ha lanciato una campagna di prevenzione della tratta di esseri umani chiamata Mamonjy, che significa “salvare” in lingua malgascia.

Come professoressa di missiologia nella facoltà teologica FJKM, coinvolge i suoi ex studenti nella campagna e collabora con i comitati sinodali regionali dell’FJKM per organizzare attività di sensibilizzazione per le congregazioni locali in dieci zone, che ha identificato come le aree più vulnerabili in tutta la nazione insulare.

Gli strumenti della campagna variano da banner con slogan anti-tratta basati sulla Scrittura, a poster che facilitano le conversazioni sulle varie forme di violenza domestica e pastelli per le generazioni più giovani per disegnare immagini di oggetti in vendita sul mercato.

Il messaggio per loro è “Sei una bellissima creazione di Dio. Non sei in vendita!”.