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Il Taser è un’ arma pericolosa

Il taser (la pistola elettrica) entrerà ufficialmente nel corredo delle forze dell’ordine. La sperimentazione fatta sino a ora è stata dichiarata positiva. Oggi, 17 gennaio, il Consiglio dei ministri approverà in via preliminare il regolamento che disciplina l’impiego dell’arma; dopo un passaggio al Consiglio di Stato per un parere, il provvedimento tornerà al Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva che darà il via libera per l’uso della pistola ad impulsi elettrici a polizia, carabinieri e guardia di finanza. 

La sperimentazione aveva preso il via nel settembre 2018 in dodici città italiane e si era conclusa nel giugno 2019. 

Da Milano a Palermo, quindi, gli agenti che hanno completato qualche mese di formazione hanno avuto nella fondina l’arma ad impulsi elettrici che blocca per alcuni secondi i movimenti di chi ne viene colpito.

L’iter era partito nel 2014. In occasione dell’avvio della sperimentazione delle pistole elettriche Taser in 12 città italiane Gianni Rufini, direttore di Amnesty International Italia, aveva immediatamente scritto al capo della Polizia Franco Gabrielli per esprimere una serie di preoccupazioni.

«La pistola taser – ricordava Rufini –  esplode scariche elettriche in grado di paralizzare temporaneamente una persona». 

Il modello adottato per la sperimentazione italiana era lo X2 della Axon, un’evoluzione del modello X26 che le Nazioni Unite avevano giudicato equiparabile a uno strumento di tortura.

«Le taser sono classificate come “armi non letali” o “meno che letali” e sono usate in oltre 100 paesi e pur riconoscendo che la Taser sia un’arma utile, più sicura di molte altre armi o tecniche utilizzate per bloccare individui pericolosi e aggressivi, sosteneva allora Amnesty International con il suo presidente, «in non pochi casi nei paesi in cui è già in uso risulta impiegata nei confronti di persone vulnerabili o che non rappresentano una minaccia seria e immediata per la vita o per la sicurezza degli altri».

Una sperimentazione analoga a quella italiana svoltasi in Olanda nel 2017 aveva già rivelato come in circa la metà dei casi, le persone venissero colpite dalla Taser «quando erano già ammanettate, dentro un veicolo o una cella di polizia e in celle separate negli ospedali psichiatrici, in ogni caso senza che il loro comportamento costituisse una seria minaccia» e ancora che «Negli Usa e in Canada, dove la Taser è utilizzata da quasi 20 anni, il numero delle morti direttamente o indirettamente correlate a quest’arma ha superato il migliaio. Nel 90 per cento dei casi, le vittime erano disarmate. Gli studi medici a disposizione sono concordi nel ritenere che l’uso delle pistole Taser abbia avuto conseguenze mortali su soggetti con disturbi cardiaci o le cui funzioni, nel momento in cui erano stati colpiti, erano compromesse da alcool o droga o, ancora, che erano sotto sforzo, ad esempio al termine di una colluttazione o di una corsa».

Alla luce di questi dati Rufini chiese al prefetto Gabrielli che fosse almeno attuata una formazione specifica e approfondita per i detentori dell’arma, in linea con gli standard internazionali e in particolare con i Principi guida delle Nazioni Unite sull’uso delle armi da fuoco da parte degli agenti di polizia.