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Pandemia. Le Chiese, un solo Corpo

Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) con le sue organizzazioni ecumeniche regionali ha recentemente lanciato una storica dichiarazione pastorale congiunta che afferma l’urgenza di unità a protezione della vita nei tempi della di pandemia Covid-19. 

Da allora sta raccogliendo diversi punti di vista «sull’importanza di prendersi cura della nostra unica famiglia, quella umana».

Ieri ha pubblicato l’intervista a Souraya Bechealany, segretaria generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente.

Perché ha ritenuto importante sostenere la storica dichiarazione del Cec?

«Perché, proprio nel momento in cui il Covid-19 pone a tutti noi una sfida e mette in discussione l’intera umanità, è importante far sentire una voce forte e chiara: “un unico Corpo” di chiese che opera nella fede, nella speranza e nella testimonianza che Gesù Cristo risorto, con la sua Parola profetica e la sua testimonianza, ha indicato a tutti noi, una via che siamo chiamati a seguire e a far conoscere».

Quale spera possa essere il risultato migliore di questo messaggio?

«Spero possa far riflettere l’intera umanità su quanto sia importante proteggere, in ogni istante e anche nei tempi meno bui, la vita, la salute, la propria e quella altrui. Spero riesca a far comprendere, in modo chiaro e forte, che la tutela della vita è il più alto segno di amore che si possa rivolgere a Dio, oltre che ai nostri vicini. Spero possa accompagnare questa tragedia con uno spirito di grande solidarietà, concreta e spirituale. Il messaggio del Cec ci invita a considerare questo periodo come un tempo benedetto, un tempo che consente di riflettere profondamente sul bene comune, sul buon governo e su quali siano valori importanti, valori che riteniamo siano ben radicati nelle nostre tradizioni religiose».

Qual è il ruolo delle chiese nella sua Regione in questo particolare momento?

«Le nostre chiese stanno accompagnando le comunità quotidianamente, capillarmente; le sostengono emotivamente, spiritualmente, socialmente. Questo è cammino difficile; un percorso attraverso il deserto che siamo chiamati a condividere. Le nostre chiese stanno raccogliendo tante storie di disagio, sia singole, sia collettive. Stanno cercando di far comprendere la situazione, di dare un senso, anche quando le esperienze sono difficili da fronteggiare e superare. Lo fanno in modi diversi, malgrado le attività delle chiese siano chiuse al pubblico, come i culti, gli incontri, le riunioni, per contrastare il diffondersi del contagio. Nel quadro dell’assistenza sanitaria, invece, siamo impegnati con il sostegno agli ospedali, soprattutto quelli delle chiese stesse potenziandone l’ospitalità dedicata ai casi positivi al Cvid-19. Stiamo sostenendo le Università, il loro lavoro di ricerca: l’esperienza libanese è un esempio importante. A livello sociale, e di concerto con le iniziative governative, abbiamo messo a disposizione i nostri edifici religiosi e coinvolto i nostri volontari che stanno aiutando le famiglie e le persone più vulnerabili e bisognose».