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Julian Assange. Sulle sue spalle un capitolo decisivo per la libertà

Oggi, di fronte all’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma alle 19, è convocato un sit in per ricordare con rabbia la vicenda di Julian Assange. In occasione del suo compleanno. Che non cali il sipario su di una storia inquietante e purtroppo emblematica. 

L’attivista australiano è rinchiuso in un carcere speciale inglese con 17 capi di imputazione, tra i quali spicca l’accusa di spionaggio. 

Tutto questo è alla base di una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, con il rischio che la pena comminata oltre oceano superi i cento anni di carcere. In applicazione di leggi che risalgono persino al 1917.

Ma qual è la vera colpa di Assange? 

Semplice: aver rivelato attraverso la piattaforma WikiLeaksnotizie tenute accuratamente nel segreto. Stiamo parlando delle guerre in Iraq o in Afghanistan, dei trattamenti imposti ai prigionieri di Guantanamo, allo spionaggio nei riguardi di tutte e tutti – ivi compresi gli alleati- organizzato da Cia e Nsa. E non solo. 

Migliaia e migliaia di pagine e di dossier, che la strategia del segreto voleva occultare. 

Spionaggio, dunque? 

No, sacrosanto esercizio del diritto di cronaca. La libertà di informazione significa anche questo, ovvero l’opportunità per la società di sapere, onde poter capire e decidere sui propri governanti. 

Sulla vicenda di Assange si sono espresse molteplici associazioni, tra le quali la Federazione nazionale della stampa italiana e quella internazionale. 

Ora è indispensabile che il Parlamento italiano prenda una posizione, volta a chiedere conto alle Nazioni unite, all’Unione europea e alla Corte dei diritti dell’uomo, affinché si decida subito di intervenire su un capitolo così delicato. 

Che ora tocca Assange, domani chissà chi. 

Un vulnus per la democrazia e una botta per gli organismi di garanzia. L’informazione è a rischio: tra minacce, querele temerarie e ingiustizie. 

Non dimentichiamo, tra l’altro, che le condizioni di salute di una persona abbandonata a se stesso in attesa di un equo giudizio potrebbero chiudere tragicamente il discorso.

 

Pubblichiamo l’editoriale per gentile concessione dell’autore e di Articolo 21.org