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Nessuno rimanga indietro

Agosto 2019, il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste prende netta posizione contro il Decreto sicurezza voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’assemblea con un atto invita le chiese «a chiedere che nei Comuni dei propri territori i sindaci autorizzino il rilascio della residenza, come già avvenuto in alcuni Comuni o a seguito di talune ordinanze giudiziali». Il tema è quello dell’iscrizione anagrafica e concessione di residenza a persone italiane o straniere in situazione di marginalità, che la nuova legge nega.

Luglio 2020, la Corte Costituzionale dichiara l’incostituzionalità del Decreto «per violazione dell’articolo 3 della Costituzione (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) sotto un duplice profilo: per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza [in sostanza crea più insicurezza, nda]; per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti».

Un cerchio che si chiude.

Un atto forte quello del Sinodo, che un anno dopo trova però riscontro nei giudici: «Nell’atto non c’era intento provocatorio – racconta la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta – ma piuttosto la constatazione, poi rivelatasi corretta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, che il divieto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo o di qualsiasi altro soggetto in condizioni di marginalità non è una questione burocratica, quanto piuttosto un tema attraverso cui passano diritti fondamentali sanciti dalla nostra Carta. In quanto assemblea di credenti il Sinodo ha insomma avvertito l’esigenza di fare ciò che considerava corretto da un punto di vista cristiano».

Il lavoro di erosione del Decreto era iniziato mesi prima, dalla primavera del 2019 quando, primo in Italia, un giudice di Firenze l’aveva giudicato non conforme alla Costituzione, e aveva consentito l’iscrizione all’anagrafe di una persona migrante ospite della Diaconia valdese fiorentina a Scandicci. «Da allora i casi si sono moltiplicati in tutta Italia – ricorda Sabina Pampaloni, responsabile area adulti della Diaconia fiorentina – e ora la sentenza arriva a dimostrare che era esatto ciò che a noi pareva chiaro: quella legge era zeppa di contraddizioni, tant’è che è stato possibile attaccarla e smantellarla grazie alla collaborazione con chi ogni giorno affronta queste vicende, in primis l’Asgi, gli avvocati dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. Per cui oggi c’è la soddisfazione nel veder riconosciuto quanto messo in opera allora. I danni del Decreto sono però vari e purtroppo non tutti risolti: dal famoso attacco ai “35 euro” allo smantellamento dell’accoglienza diffusa, in questi mesi abbiamo dovuto rimodulare molto del nostro operato nel tentativo di creare una rete di operatori sociali impegnati nell’accoglienza, capace di cercare altrove i fondi tagliati indiscriminatamente».

Sul fronte di chi poi materialmente deve fornire la residenza, il Comune di Torre Pellice a settembre dello scorso anno è stato il settimo in Italia, il primo in Piemonte, a attivarsi in tal senso, anche in questo caso sfidando le norme che al tempo erano ancora pienamente operative. «Certo il nostro è stato un atto forte – commenta Marco Cogno, primo cittadino di Torre Pellice –, ma che sentivamo di dover fare quale logica prosecuzione di tutte quelle politiche di accoglienza che da anni abbiamo messo in campo sul nostro territorio in collaborazione con gli enti preposti, soprattutto la Diaconia valdese. Penso all’accoglienza diffusa, ai progetti di inserimento scolastico e lavorativo. Sul territorio comunale oggi ci sono abitanti di 53 nazionalità differenti e la media di stranieri è la stessa che nel resto d’Italia. Tutto ciò ci rende orgogliosi come Amministrazione. Oltre ad avere ricadute economiche non di scarso rilievo, fra il personale impiegato, le case affittate, la necessità di rivolgersi agli esercizi commerciali locali». Il rischio di “grane” c’era eccome, e per questo il Sindaco ha firmato in prima persona le carte per la concessione della carta d’identità a due richiedenti asilo della Costa D’Avorio, senza delegare agli uffici comunali, «proprio per non coinvolgere terze persone in un atto che era totalmente politico. Un po’ di timore c’era e oggi accolgo con un grande sorriso la sentenza della Consulta; e mi piace ricordare quanto detto dal precedente moderatore, Eugenio Bernardini, nel corso di un evento pubblico alcuni fa: “Lo si fa perché è giusto”. Come potevo negare la residenza a chi è venuto qui, ha fatto un percorso, si è inserito? Sarebbe stato contrario a tutto quanto fatto in questi anni».

Resta il ruolo delle chiese, che insieme alla società civile, si dimostra ancora una volta capace di leggere prima e meglio della politica le istanze che arrivano dal Paese: «È fondamentale che le chiese si vivano come comunità, come parte della società in cui vivono – prosegue Alessandra Trotta – e che lo facciano affermando i valori di giustizia, solidarietà, condivisione, comunione che sono parte del loro Dna di cristiani. Vorrei sottolineare che l’atto del Sinodo contiene anche un mandato per le chiese nel farsi parte attiva di una interlocuzione volta a facilitare le pratiche di accoglienza virtuosa, al di là della focalizzazione soltanto sulle persone migranti. Laddove avviene vengono strette fruttuose collaborazioni con le autorità locali. Proprio per sottolineare tale aspetto la Tavola valdese ha predisposto un modello di lettera che a settembre verrà inviata alle chiese locali che possono a loro volta condividerla con le varie amministrazioni comunali al fine di sollecitarle a dare attuazione a questi principi fondamentali».

Un ultimo pensiero della moderatora Trotta, da giurista, va alla nostra Costituzione: «Nella pronuncia della Consulta la illegittimità della norma è fondata sull’idea della irragionevolezza della stessa perché in sostanza rende più difficile il controllo sulle persone, a dispetto di quanto propagandato. In Francia c’è stato qualcosa di simile attorno al concetto di fraternità, considerato inderogabile e per cui le norme successive decadono, compreso il cosiddetto reato di solidarietà. È emozionante che tali carte costituzionali spesso sotto attacco, si dimostrino ancora una volta invece capaci di ispirare una visione alta del vivere sociale, capaci di produrre semi di democrazia». Una lezione per tutti.