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L’Italia «incerta di Dio»

«Gli Italiani si stanno allontanando dalla chiesa cattolica, triplicato il numero degli atei e di chi non va a messa», così titolava ieri La Stampa, diretta da Massimo Giannini, segnalando l’indagine contenuta nel nuovo libro del sociologo Franco Garelli Gente di poca fede (Il Mulino – 256 pagine, 15,20 euro). 

Un’analisi tesa a fotografare i cambiamenti del «sentimento religioso nazionale» (dagli anni novanta in poi), che malgrado l’evidente calo percentuale resta «vivace».

L’Italia, si legge: «Cuore» della cristianità è un Paese «incerto e stanco di Dio». 

Gli italiani appaiono «persone di poca fede» e sempre più indifferenti agli appuntamenti liturgici settimanali della chiesa cattolica che ha «perso la sua centralità» nella vita di tutti i giorni. 

Gli italiani, dunque, «credono di meno e praticano di meno. Solo un quinto partecipa regolarmente ai riti, mentre un terzo non ci va mai».

L’indagine è focalizzata sulla religione maggioritaria, concordataria. Ma questi sono dati che devono far riflettere tutti i cristiani. 

L’info-grafica pubblicata dal quotidiano nazionale torinese (per facilitare la lettura dei dati) ricorda che il 30% degli italiani crede che Dio non esista (25 anni fa era appena il 10%). 

Il 23% invece ritiene che in Dio credano solo le persone più ingenue e illuse, quest’opinione l’aveva solo il 5% della popolazione nel 1990. 

E ancora, che il 43% degli italiani aderisce al cattolicesimo come «deposito di valori», cinquant’anni fa era il 27%. 

Poi, è sceso al 57% il numero degli sposi che opta per il rito religioso contro l’83% di un quarto di secolo fa. 

Il 67% degli italiani però è favorevole all’esibizione del crocifisso nei luoghi pubblici

«Lo scenario religioso – afferma Garelli – è in grande movimento in un paese in cui crescono l’ateismo e l’agnosticismo tra i giovani, i seguaci di altre fedi e culture, nuove domande/percorsi spirituali. 

A fronte di ciò, il legame cattolico si fa più esile, il Dio cristiano sembra più sperato che creduto, la pratica religiosa manifesta tutta la sua stanchezza. Tuttavia il sentimento religioso resta vivace nella nazione, pur in un’epoca in cui molti si rifugiano in un cattolicesimo «culturale» a difesa dei valori della tradizione. 

La perdita di centralità della chiesa cattolica nelle vite di tutti i giorni convive di fatto con una nuova religiosità al plurale: una fede impersonata da credenti sempre più deboli o «soli» dinanzi alle questioni dell’esistenza, che per la prima volta si confrontano con spiritualità diverse, giunte a noi attraverso la rete o le migrazioni». 

Dati e analisi quelle proposte da Garelli che ricordano un’indagine analoga realizzata qualche tempo fa dal professor Alberto Melloni e che denunciava l’allarmante analfabetismo religioso presente nel nostro Paese.

Melloni ricordava (era il 2014, sempre per il Mulino con il libro da lui curato: Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia) che un italiano su 4, il 26,4%, era convinto «che la Bibbia fosse stata stata scritta da Mosè, mentre il 20,4% riteneva che l’autore fosse stato Gesù». 

E ancora, che il 51,2% non sa dire chi abbia dettato i dieci comandamenti e che solo il 14,3% conosce il sesto comandamento «Non commettere adulterio», poi trasformato dalla tradizione cattolica in «Non commettere atti impuri».

Un’ignoranza (specifica), che s’intreccia con quella più ampia che già allora portava molte persone a non conoscere la «religione» di Primo Levi (nel 39% dei casi) o a non aver mai sentito parlare di Martin Lutero (dal 49,5% del Nord-est al 66, 3% del Sud Italia).

Eppure, scriveva il professor Melloni, «soltanto il 15% degli italiani si dice non credente; il 55% afferma di essere interessato all’insegnamento di altre religioni e il 63,2 di essere favorevole all’apertura di moschee o altri luoghi di culto».

Eppure, quasi la totalità della popolazione italiana si dichiara cattolica. 

Un’appartenenza religiosa, come è stato riaffermato oggi dal professor Garelli, e a distanza di sei anni, ancora percepita più che altro come una sorta di religione civile.

La definizione di «analfabetismo religioso» affermava nel «pamphlet» di Melloni (ricco di firme autorevoli) il professore (valdese) Paolo Naso – nel capitolo dedicato ai costi sociali dell’analfabetismo religioso – «È un concetto che in un paese sempre più multiculturale e multireligioso andrebbe interpretato in termini più generali e inclusivi di quanto non accada abitualmente in Italia: tanto sul fronte cattolico che su quello “laico”, troppo spesso il campo dell’analisi si restringe alla tradizione religiosa maggioritaria e si riduce alla denuncia di un “profondo analfabetismo che tocca anche i contenuti basilari della fede, accompagnato anche dall’incapacità a sapere dare delle ragioni del perché si è cristiani” o che impedisce agli italiani “di capire il senso di quello che dice il papa”».

Il neonato libro di Garelli, oggi basato su una recente grande indagine nazionale, prosegue nell’opera di ricerca sugli effetti di una secolarizzazione, di una post secolarizzazione (termini ormai vetusti, abusati, e da molti esperti ritenuti non più adatti a raccontare i recenti cambiamenti) e ci restituisce l’immagine di un Paese ancora «incerto su Dio», ma ricco di «sentimenti religiosi» anche se fortemente «disorientato e ondivago» nelle valutazioni etiche e morali.

I capitoli: Le credenze. Ateismo, fede certa, fede dubbiosa; La varietà cattolica e il dinamismo delle minoranze religiose; La stanchezza della pratica. Preghiera, riti comunitari e di passaggio, religiosità popolare; Vitalità del sentimento religioso; Il mantra negativo nei confronti della chiesa e la sua immagine pubblica compromessa (nonostante papa Francesco); Francesco: un papa controcorrente o di facciata? Spiritualità orizzontale o spiritualità verticale?; I dilemmi etici degli italiani. Morale pubblica e privata, bioetica ed eutanasia; Vivere e credere in un’epoca multireligiosa.