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La fine di un’epidemia durata secoli

Nel 2020 il mondo ha riscoperto, suo malgrado, l’impatto dei virus sulle nostre vite. La pandemia di Covid-19, infatti, ha riportato al centro della scena una minaccia sanitaria che per l’Occidente sembrava appartenere al passato.

Tuttavia, ci sono aree del mondo in cui questa minaccia non è mai stata dimenticata a causa di diverse malattie virali. Tra queste la poliomielite, una malattia che ha condizionato l’esistenza della popolazione mondiale per secoli, con grandi epidemie che hanno sempre colpito soprattutto i bambini con una malattia che porta a forme permanenti di paralisi.

Martedì 25 agosto, la Commissione africana per la Certificazione Regionale (ARCC), un organismo internazionale indipendente incaricato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha annunciato che l’ultimo ceppo del virus della poliomielite che si trova in natura è stato eradicato su tutto il continente africano, completando un percorso cominciato oltre 30 anni fa, con la nascita nel 1988 della Global Polio Eradication Initiative. Nel 1996, i capi di Stato africani si erano impegnati a Yaoundé, in Camerun, per porre fine a una malattia che portava alla paralisi di 75.000 bambini africani ogni anno. La Nigeria è l’ultimo paese africano a essere dichiarato libero dal poliovirus selvaggio, mentre per tutto lo scorso decennio ha rappresentato oltre la metà di tutti i casi globali.

Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha parlato di «un risultato incredibile». Si tratta del secondo virus eradicato dal continente dopo che nel 1980 anche il vaiolo venne cancellato.

Il poliovirus selvaggio, ovvero la forma presente in natura, ha tre varianti conosciute. Il poliovirus di tipo 2 era stato dichiarato eradicato globalmente nel 2015, quello di tipo 3 nel 2019. Ufficialmente dal 25 agosto, il 95 per cento della popolazione africana ha raggiunto l’immunità anche dal tipo 1, rispondendo quindi a una delle condizioi dell’ARCC per dichiarare il continente libero dalla polio selvaggia. «Oggi è una giornata storica per l’Africa», ha commentato la presidente dell’ARCC, Rose Gana Fomban Leke. La poliomielite colpisce solitamente i bambini sotto i cinque anni, causando in alcuni casi paralisi irreversibile e la morte quando a essere colpiti sono i muscoli respiratori, e fino a oggi non è mai stata individuata una cura, rendendo il vaccino l’unica arma possibile.

Si tratta di un risultato di primissimo piano, che fa sì che soltanto Afghanistan e Pakistan siano colpiti dalla malattia. Secondo la dottoressa Matshidiso Moeti, direttrice dell’Organizzazione mondiale della Sanità per l’Africa, «le future generazioni di bambini africani potranno vivere senza poliovirus selvaggio».

Secondo i piani dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si pensava di ottenere questo risultato già diversi anni fa, ma la Nigeria ha rappresentato un punto critico sempre più difficile da gestire. La crisi nigeriana era cominciata nel 2003, quando diversi Stati settentrionali avevano deciso di boicottare il vaccino a causa di voci sulla sua sicurezza. Da allora, nel giro di cinque anni l’epidemia era diffusa nuovamente in 20 Paesi. Ripreso il controllo dei focolai e lavorato sul far cambiare idea anche alle amministrazioni settentrionali, sembrava che nel 2015 la situazione fosse sotto controllo. Ancora una volta, tuttavia, si trattava di un’illusione, al punto che nel 2016 furono segnalati quattro nuovi casi di poliomielite causata dal virus selvaggio.

I problemi non finivano lì: i nuovi casi erano stati individuati nello stato di Borno, nel nordest del Paese, uno dei luoghi di maggiore presenza del gruppo terroristico Boko Haram, un’area estremamente difficile da raggiungere sia per il pericolo sia perché le autorità nigeriane hanno spesso negato l’accesso per gli operatori umanitari. Il lavoro svolto negli ultimi anni in Nigeria ha rappresentato un’innovazione senza precedenti nel campo del contenimento delle epidemie e nello svolgimento delle campagne vaccinali: dall’uso di immagini satellitari all’analisi dei dati con tecniche di machine learning, fino all’utilizzo di tecniche di azione rapida per raggiungere bambini in luoghi apparentemente impossibili da raggiungere, con quella che l’Oms ha definito una strategia “mordi e fuggi”. Ogni volta che i militari mettevano in sicurezza un’area, le campagne di vaccinazione dovevano farsi trovare pronte ad agire entro 48 ore. Con questa modalità d’azione è stato possibile vaccinare oltre 800.000 bambini nel solo 2016, mentre nei casi più difficili si è deciso di utilizzare tecniche di azione secondaria. Alcuni bambini infatti venivano vaccinati nei mercati ai margini del territorio occupato da Boko Haram. Al ritorno nelle loro comunità, il vaccino veniva passato attraverso i loro sistemi digestivi e nell’ambiente, e altri bambini, che non erano stati inoculati, hanno potuto raccoglierlo e diventare anch’essi immuni. Nessun caso di poliomielite causato dal virus selvaggio è stato individuato da allora, consentendo all’ARCC di definire eradicata la poliomielite nella sua forma più grave.

Eppure, la sfida non è ancora vinta, almeno per due ragioni.

Prima di tutto, l’eradicazione dell’ultimo ceppo di poliovirus selvaggio dal continente africano non risolve definitivamente il problema, perché è ancora presente quello derivato dal vaccino, che tuttavia provoca epidemie limitate e più facilmente contenibili.

I casi africani del ceppo derivato dal vaccino, che produce gli stessi sintomi del tipo selvatico, sono aumentati di molto nel 2019, fino a quota 320, mentre erano 68 nel 2018. A causa della sospensione di molte campagne di vaccinazioni a causa della pandemia di Covid-19, si teme che i casi possano aumentare anche nel 2020, soprattutto in Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana e Angola.

Il meccanismo vaccinale, che ha un tasso di successo pressoché totale, prevede la somministrazione di una versione viva ma indebolita del poliovirus, che si lega ai recettori nell’intestino e viene assorbita. Il virus indebolito non causa la malattia, ma insegna al sistema immunitario del bambino a creare anticorpi che combatteranno la malattia se si dovesse verificare un contagio.

Tuttavia, esiste una remota possibilità che il virus del vaccino possa tornare a mutare in qualcosa di simile al tipo selvaggio. Se quella mutazione derivata dal vaccino continua a diffondersi perché i villaggi vicini non sono completamente vaccinati, in alcuni casi, circa un’infezione su 200, può causare la malattia nella sua forma più grave. Va comunque chiarito che le persone non contraggono la poliomielite di tipo vaccinale (cVDPV) direttamente dal vaccino, al punto che da anni gli esperti si interrogano sulla necessità di modificarne il nome in qualcosa di meno fuorviante.

La seconda sfida riguarda invece un altro continente, l’Asia, dove si trovano gli ultimi due Paesi in cui circola la poliomielite selvaggia, ovvero Pakistan e Afghanistan, dove nel 2020 si sono finora registrati rispettivamente 67 e 37 casi, contro i  67 e 17 dell’intero 2019. In questi due Paesi, la difficoltà di raggiungere alcune aree a causa di conflitti e tensioni si somma a una generale diffidenza nei confronti delle campagne di vaccinazione antipolio, derivante soprattutto da quanto avvenuto nel 2011. Nella notte del primo maggio di nove anni fa, infatti, i Navy Seals degli Stati Uniti entrarono nel complesso residenziale di Abbottabad, in Pakistan, in cui si nascondeva il fondatore della rete terroristica al-Qaeda. Come arrivarono lì? Proprio attraverso una campagna di vaccinazione. Per quattro mesi, infatti, la CIA aveva infiltrato agenti all’interno delle iniziative di vaccinazione contro l’epatite B, che permisero di muoversi in sicurezza in aree altrimenti difficilmente praticabili. Il problema di quell’operazione rimane però il grande passo indietro compiuto nelle campagne vaccinali successive, prima di tutte proprio quella contro il poliovirus. Gli sforzi di vaccinazione concertati si erano avvicinati all’eliminazione del virus all’inizio degli anni 2000, ma si era ripresentato nel 2012 nelle città di Karachi e Peshawar e nella cintura occidentale costituita dagli stati del Belucistan e del Khyber Pakhtunkhwa.

Da allora, le campagne vaccinali sono riprese in un clima differente e con molte difficoltà, raggiungendo 780.000 bambini nel solo mese di luglio 2020, a fronte però di almeno 50 milioni di bambini senza alcuna protezione.