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Quando il pensiero protestante entrò nella cultura editoriale

Ogni volta che chiude i battenti una casa editrice è come perdere un pezzo di storia, uno sguardo critico in più sul presente; è come perdere la prospettiva futura di avere un’altra possibilità per valutare ciò che avviene nella contemporaneità. Così è anche questa volta, di fronte alla chiusura obbligata dell’Utet-Grandi opere.

L’Unione tipografico-editoriale torinese è stata la più antica casa editrice italiana, fondata a Torino nel 1791 (70 anni prima dell’Unità d’Italia!) dai fratelli Pomba, e ulteriormente sviluppata dal figlio di uno di loro, Giuseppe. Specializzata nel corso dei due secoli successivi nella produzione di “grandi opere”, ha dato i natali ad alcuni titoli fondamentali nella costruzione del sapere nazionale, opere di consultazione elevata dovuta a specialisti di altissimo livello: nel campo della linguistica italiana, dopo il celebre Tommaseo, Salvatore Battaglia (che coordinò il Grande Dizionario della lingua italiana) e Tullio De Mauro, ma anche il critico e storico musicale torinese Alberto Basso, autore principale del Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Si credeva ancora, solo pochi anni fa, in un’opera di acculturazione che, a fianco alla saggistica specialistica poneva la grande cultura enciclopedica come un forziere della massima affidabilità a cui attingere in caso di ricerche specialistiche. Il fatto che questi saperi “universali” si vadano trasferendo su altri strumenti tecnologici ha contribuito al declino dell’attività, messa poi in questione anche dal problema più generale del fatturato culturale in epoca di Coronavirus. Tant’è: la sezione “Grandi opere” chiude i battenti, a seguito della dichiarazione di fallimento del 15 ottobre, mentre resta aperto un ramo (Utet-libri) che da una ventina d’anni fa capo alla DeAgostini.

Il mondo protestante si è accostato a questa notizia con un interesse tutto particolare, perché a Utet si dovevano anche delle collane prestigiose, e fondamentali in un periodo ben preciso della nostra storia culturale: i «Classici delle religioni», volumi rilegati con copertina telata, dedicati a grandi classici del pensiero teologico, i cui titoli erano addirittura articolati in alcune sottosezioni: le religioni orientali (diretta da Oscar Botto, docente di Indologia all’Università di Torino), la religione ebraica; la religione islamica; la religione cattolica, le altre confessioni cristiane. Qui vide la luce la pubblicazione italiana dell’Istituzione della religione cristiana di Calvino, nella traduzione (dal latino e dal francese del ‘500) di Mario Musacchio e Oriana Bert, e con la cura del pastore Giorgio Tourn. «In quegli anni la Utet pubblicava una serie di grandi classici del pensiero – ricorda il pastore –; un’operazione di divulgazione “alta”, scientifica non in quanto destinata a specialisti o universitari, ma proprio per il suo livello. Era pensata per un pubblico colto, culturalmente preparato, includeva testi di economia, letteratura, politica, e tra i vari filoni era stato inserito anche quello religioso. Questo non era inteso come fatto ecclesiastico, ma come uno degli elementi culturali fondamentali, qui stava l’innovazione». Infatti, era un vero e proprio “salto di qualità” nel panorama editoriale, in anni in cui anche altri editori non specificamente religiosi andavano acquisendo importanti titoli della teologia protestante: Bompiani, nella collana diretta da Paolo De Benedetti («La ricerca religiosa – Studi e testi») aveva messo in catalogo l’Etica di Bonhoeffer nella traduzione del pastore Aldo Comba (1969) e nello stesso anno l’estratto Lettere a un amico, già pubblicate in Resistenza e resa, e ancora una Antologia di testi di Karl Barth era stata inserita nella collana «Portico»; invece Feltrinelli di Barth nel 1962 aveva pubblicato il commento alla Lettera ai Romani nella traduzione di Giovanni Miegge . Ma erano autori del ‘900.

La serie ideata da Utet era un’altra cosa, cercava i classici: «Nell’ambito religioso, già più problematico rispetto agli altri, erano stati inseriti i testi protestanti, una cosa inedita – prosegue Tourn –. Abbiamo così gli Scritti religiosi di Lutero curati da Valdo Vinay insieme a Giovanni Miegge, ed era la prima volta che Lutero entrava in una biblioteca italiana. E poi l’Istituzione di Calvino. Centrale in questo progetto editoriale è stato lo storico Luigi Firpo, figura emblematica anche di un clima di grande ricerca e fermento che si esprimeva anche nei convegni storici della Società di Studi valdesi, ai quali lo stesso prof. Firpo partecipava». Un lavoro appassionante e faticoso, svolto nella consapevolezza di fare qualcosa di importante per la cultura italiana. E va dato atto che la nuova configurazione aziendale nel 2009 pubblicò un’edizione economica dell’Istituzione, sempre in due volumi, più piccoli. Fu un ulteriore bel segnale, che speriamo di vedere ancora.