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Navi bloccate nel Mediterraneo, il caso finisce in Europa

A più di tre mesi dal suo stop, la nave “Sea-Watch 4” non può iniziare la sua seconda missione nemmeno all’alba del nuovo anno.

La nave di soccorso è ancora ormeggiata a Palermo. L’organizzazione umanitaria Sea-Watch ora si affida alla Corte di giustizia europea, nel tentativo di sbloccare un’impasse che vede l’Italia protagonista assoluta in negativo. Si cambiano i cosiddetti decreti Salvini, ma si utilizzano altre modalità bizantine per bloccare le navi di soccorso e impedire così a occhi di vedere cosa accade in mare e a braccia di aiutare.

«Speriamo in una decisione tempestiva da parte della Corte di giustizia europea nel nostro interesse in modo da poterci muovere di nuovo», ha detto lunedì il portavoce di Sea-Watch Ruben Neugebauer. La Corte di giustizia dovrebbe pronunciarsi sui ricorsi presentati dalla Sea-Watch a Palermo contro la detenzione delle loro navi di soccorso. Secondo l’organizzazione umanitaria, il tribunale amministrativo regionale ha disposto il rinvio della questione alla Corte di giustizia europea a Natale. Il tribunale italiano chiede chiarimenti alla Corte di giustizia. La “Sea-Watch 4”, cofinanziata dalla Chiesa evangelica in Germania (Ekd), è stata fermata dalle autorità italiane a settembre dopo aver salvato più di 350 persone in difficoltà durante la sua prima missione. Come motivo sono state fornite presunte carenze di sicurezza.

Neugebauer ha nuovamente criticato le «motivazioni utilizzate per tenerci bloccati». Non può esistere che a causa di troppi giubbotti di salvataggio a bordo la nave sia bloccata, ha sottolineato. «E non può essere che un serbatoio di acque grigie faccia la differenza tra la vita e la morte nel Mediterraneo». Cavilli, cavilli per impedire che nei nostri porti giungano persone salvate e che i media debbano quindi occuparsi degli sbarchi, magicamente scomparsi dai nostri telegiornali a orologeria.

Solo a Natale si sono verificati di nuovo diversi incidenti navali e numerosi morti. «Ci auguriamo che il chiarimento della Corte di giustizia europea metta finalmente fine alla pratica illegale di clausole amministrative utilizzate dalle autorità italiane per impedire il salvataggio delle navi delle Ong», ha affermato Sea-Watch. La “Sea-Watch 3”, utilizzata l’ultima volta a giugno, è ancora in attesa di dissequestro. Si trova a Burriana, in Spagna, dopo essere stato autorizzato a raggiungere tale porto partendo da Porto Empedocle in Sicilia.

Cavilli e bastoni fra le ruote che poi a distanza di mesi devono inevitabilmente venire rimossi, non prima di aver causato blocchi e impedito il soccorso e essere concausa di centinaia di vittime. E’ il caso delle navi della Ong Mediterranea, è il caso di Open Arms, è il caso di Ocean Viking, quest’ultima nave appena sbloccata il 23 dicembre dopo mesi di interventi minuti eseguiti su richiesta della Guardia costiera italiana. 

Foto: © Twitter Sea-Watch