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Adriana, libera e ribelle

«L’unica cosa che mi piace di questo papa [si trattava di Benedetto XVI, ovvero di papa Ratzinger] è che ama i gatti» – così mi disse un giorno, nel corso di una conversazione telefonica, Adriana Zarri, che amava i gatti anche lei. Ma non amava solo i gatti, amava anche la franchezza, sempre e con chiunque, avversario o amico che fosse (polemizzò anche con don Lorenzo Milani!), amava la libertà, amava soprattutto Dio. Figura abbastanza straordinaria, per non dire unica nel panorama cattolico italiano del secondo Novecento, Adriana fu tanto mansueta quanto battagliera, istintivamente insofferente di ogni finzione, di ogni religiosità di facciata, esigente con sé stessa e con chi avesse voluto, insieme a lei, aver qualcosa a che fare con Dio, perciò scomoda, talvolta anche scostante, fuori dal coro (da tutti e di qualunque tipo), irregolare ma non irriverente, disubbidiente, questo sì.

Un giorno, quando ancora nessuno parlava, in Italia, di “ospitalità eucaristica” e non si sapeva neppure che cosa fosse, Adriana mi invitò, nel corso di un affollato incontro nel suo eremo (assai poco eremitico!) di Ca’ Sassino, non lontano da Ivrea, a celebrare il culto della domenica secondo la liturgia valdese, compresa la Santa Cena. Tutti erano cattolici, c’era anche un sacerdote amico di Adriana, e tutti, compresa Adriana, parteciparono alla condivisione della Parola, del pane e del vino secondo la liturgia valdese. Fu per me una lieta sorpresa vivere questa libertà evangelica con una donna cattolica, tanto disciplinata e non sottoposta a nessuna autorità umana perché sottoposta unicamente a Dio. Ripensandoci, mi viene in mente Lutero, l’incipit del suo Manifesto della Libertà cristiana: «Il cristiano è un libero signore sopra ogni cosa e non è sottoposto a nessuno. Un cristiano è un servo zelante in ogni cosa, e sottoposto a ognuno».

Così era Adriana. Averla conosciuta e un po’ frequentata è stato un privilegio. Purtroppo non è stata capita da molti della sua Chiesa e in particolare dalla gerarchia (con un’eccezione: il vescovo Bettazzi di Ivrea che invece l’ha capita e accolta), e non essendo stata capita, non è stata, dalla maggioranza, né ascoltata, né apprezzata, né valorizzata. Dopo la sua morte, nel 2010, all’età di 91 anni (era nata nel 1919 a San Lazzaro di Savena, antico lazzaretto di Bologna), si tende a dimenticarla. Come accade di solito alle persone che, nella loro vita, hanno praticato, senza timori reverenziali, il coraggio della verità.

Tanto più benvenuta, dunque, è la recente, pregevolissima biografia di questa notevole testimone cristiana, il cui bel titolo è: Semplicemente una che vive, scritta con amore da Mariangela Maraviglia per il Mulino* È il primo racconto completo ed esauriente della vita e delle opere di Adriana. Utilizzando al meglio tutte le fonti disponibili e reperibili, edite e inedite, scritte e orali, presenti in ben 16 diversi archivi, compreso quella della Rai e comprese molte testimonianze orali di persone che hanno conosciuto e frequentato Adriana, con un lavoro paziente, minuzioso ma mai pedante, accuratissimo, da vera e provetta studiosa – lavoro per il quale possiamo solo esserle estremamente grati. Basti dire che il libro consta di 130 pagine di testo e di ben 54 pagine di note, ricchissime di informazioni di grande interesse; molte avrebbero potuto senz’altro figurare nel testo, oppure essere raccolto così da costituire una seconda biografia! In conclusione. vale la pena conoscere da vicino Adriana Zarri: nessuno se ne pentirà. E vale la pena leggere questa biografia esemplare, che riesce appunto a rendere viva per noi questa testimone che è stata «semplicemente una che vive».

* [1] Mariangela Maraviglia, Semplicemente una che vive. Vita e opere di Adriana Zarri. Bologna, Il Mulino, 2020, pp. 219, euro 20,00. Con bibliografia completa delle opere.