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Tra l’Etiopia e la Somalia, una storia italiana dimenticata

In Etiopia la data dello “Yekatit 12” corrisponde al 19 febbraio, il giorno del calendario etiope e data di lutto nazionale. Una giornata tuttavia rimossa completamente in Italia, nonostante le grandissime e pesanti implicazioni.
Per tre giorni, dal 19 al 21 febbraio 1937 – a seguito di un attentato fallimentare nei confronti dell’allora Viceré d’Etiopia dell’Impero Italiano Rodolfo Graziani – l’esercito italiano, le camicie nere e anche i civili, presero parte al massacro di Addis Abbeba. Una vera e propria persecuzione sfociata nella carneficina di migliaia di etiopi. Il numero dei morti stimati è tra 20 e i 30 mila. Una strage tutta italiana che, ancora oggi, non ha ottenuto né una giornata nazionale di lutto né il riconoscimento adatto per poterne parlare, per poter affrontare una pagina di storia necessaria per comprendere e non ripetere mai più.

Isabella Manricola (Mogadiscio, 1925) è nata da una madre somala e da un padre italiano in un tempo in cui essere “meticci” era terrificante e normale.
È stata modella, attrice e, più di tutto, privata delle sue radici e quindi profuga e per questo ribelle e rabbiosa, disperata e volenterosa. Ebbe un fratello, Giorgio Manricola, martire giovane e partigiano e ha avuto un figlio, Antar Mohamed emigrato in Italia da adulto, studente, attore, scrittore e attivista.

Quando il collettivo Wu Ming 2 ha voluto raccontare e mostrare le fila della storia di questa donna nata dall’altra parte del Mediterraneo, si sono dovuti imbattere nei ricordi, nella testimonianza e nella forza di Isabella Manricola. Una donna anziana che nella vita fu tutto tranne che eroina agli occhi degli altri. Una resistente che fino all’ultimo ha voluto far sentire la sua voce, lottando contro tutti per mettere luce sulle ingiustizie della vita e liberarsi, in un modo tutto suo, da certi pesi.

Nasce così “Timira” (Einaudi, 2012) un memoir scritto a più mani. Dall’incontro con la sua protagonista nell’intento di portare ai lettori la storia di una donna figlia del colonialismo italiano, di una generazione ancora cristallizzata nella lingua di un “padrone” che se n’è andato da anni ma che ha lasciato nelle strade, nell’istruzione e nelle generazioni future ricordi e ferite ancora aperti, pulsanti nella loro gravità e nelle loro conseguenze.
Scrivere “Timira” è stato un progetto complesso da realizzare perché le testimonianze, gli scritti, la voce di Isabella si sono dovuti accordare come strumenti alla voce del figlio Antar, alle documentazioni ufficiali (un materiale infinito e rivelatore di tante pratiche indicibili, verità taciute e scelte insensate, dell’esercito italiano nel corno d’Africa sconosciute a molti italiani ancora oggi). Fogli, atti, prove ritrovate dal collettivo Wu Ming 2 e usate con l’unico intento di rendere una storia tanto articolata, spigolosa e difficile accessibile e rivelatrice per chiunque.

Un testo denso di parole, di intrecci storici e di testimonianze forti. La sfida più grande che il collettivo ha voluto mettere in mano a una donna che non ha voluto piacere, che non ha voluto farsi ammirare ma ha solo desiderato, ardentemente, raccontare la sua storia. E, anche a seguito della sua morte, grazie alla collaborazione col figlio Antar e alle parole lasciate sui quaderni “Timira” è diventato un viaggio, un’avventura dolorosa e bella attraverso la storia italiana rimossa.

Un testo che stordisce quasi per quanto è carico di dettagli e voci, confonde nella precisione trasparente della voce che mai, fino alla fine, si comprende quanto reale sia e quanto romanzo invece ne faccia parte. Si comprende però, proprio al termine della lettura, la certezza di aver conosciuto una donna, i suoi dolori, le sue lotte e la sua terra che è stata un po’ italiana nel bene e nel male, soprattutto nel male. Rimanendo poi, una volta girata l’ultima pagina, con la sensazione di volerne sapere di più, grazie alla consapevolezza acquisita di una storia piena di polvere ma non per questo indimenticabile.

Timira, Wu Ming 2, Antar Mohamed, Einaudi, 2012, 525 pag., 19 euro