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Le Nazioni Unite chiedono l’abbandono del carbone

Il due marzo il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha tenuto un discorso tramite videomessaggio dove invita i paesi di tutto il mondo ad abbandonare il carbone come fonte di energia.

«Un tempo, il carbone portava elettricità a basso costo ad intere regioni e lavori vitali alle comunità. Quei giorni sono passati» ha detto Guterres, aggiungendo che «allontanarsi dal carbone è il passo più importante per mettersi in carreggiata verso l’obiettivo degli 1,5 gradi»: il riferimento è all’aumento di temperatura media globale rispetto al periodo pre-industriale, che, secondo le indicazioni dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), porterebbe alle peggiori conseguenze se superasse, appunto, gli 1,5 gradi. L’invito è, quindi, quello di porre fine a quella che definisce una «letale dipendenza» dal carbone, coinvolgendo in questo appello anche banche e investitori.

Per chi legge, potrebbe suonare come un allarme sorprendente e magari anche esagerato. Non ci siamo forse liberati dal carbone decenni fa? Possibile che sia ancora questo l’ostacolo da superare?

La risposta, come spesso accade, è complessa e segue una notevole variabilità geografica: in sostanza, ci sono nazioni che ormai da decenni hanno eliminato, o perlomeno ridotto drasticamente, il consumo di carbone; ma altri paesi lo utilizzano ancora abbondantemente e hanno intenzione di investire nel settore. Non a caso, l’invito di Guterres è rivolto in particolare alle 37 nazioni che hanno in programma nuovi progetti legati all’uso di carbone nel prossimo futuro.

A dire il vero, il carbone non è scomparso nemmeno in Italia: sono ancora attive sul territorio diverse centrali, che si punta di chiudere entro il 2025, sebbene l’estate scorsa siano emersi dubbi sulla fattibilità di questo intento (al quale se ne legano altri, come quelli riguardanti la loro sostituzione con centrali a gas naturale, meno inquinante, ma comunque fonte di gas serra). La pandemia potrebbe comunque aver accelerato il processo di abbandono del carbone in Italia, visto che nei primi mesi dell’emergenza sanitaria il suo utilizzo si è sostanzialmente dimezzato.

Nonostante le problematiche italiane, i grandi consumatori di carbone sono comunque altrove. Secondo i dati diffusi lo scorso anno da Iea, la Cina, da sola, rappresenta il 53% del consumo di carbone, risultando così di gran lunga il maggior consumatore, oltre che il maggior produttore. Anche in questo caso la sua quota rappresenta circa la metà della quota globale di produzione, la quale, nel corso del 2019, è cresciuta dell’1,5%. Una percentuale relativamente bassa, certo, ma che mostra come il percorso verso l’abbandono del carbone sia ancora molto lontano: al momento, a livello globale, il 27% dell’energia è prodotto tramite carbone.

Nel complesso, si nota una chiara tendenza: la percentuale di utilizzo di carbone sta diminuendo progressivamente in Occidente (è stato significativo il lungo periodo di totale assenza di carbone dalla produzione di energia nel Regno Unito, lo scorso anno), per spostarsi invece sempre più verso est.

Dopo la Cina, il maggior consumatore è infatti l’India, mentre altri paesi in cui la percentuale di energia proveniente da questa fonte supera il 50% sono il Kazakistan e il Vietnam; poco più bassi l’Indonesia, l’Ucraina e la Slovacchia. La Polonia e l’Estonia vedono ancora percentuali molto alte, ma i numeri sono in continua discesa, così come quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nel suo complesso.

Il carbone, quando viene bruciato, rilascia nell’atmosfera grandi quantità di CO2, responsabile del riscaldamento globale, ma è inoltre particolarmente tossico, in modo più diretto, per la salute di chi vive nelle vicinanze dei luoghi da cui viene estratto o bruciato. Tra i vari combustibili fossili, è da tempo indicato come quello dal quale dobbiamo allontanarci con più urgenza. Da qui proviene l’appello di Guterres.

A reprimere la tentazione di darsi pacche sulle spalle per come, in Occidente, risultiamo in genere i più virtuosi su questo aspetto, interviene velocemente la storia. Il carbone ha trainato la rivoluzione industriale ed è stato ancora per buona parte del ‘900 il motore principale delle nostre economie: basti pensare che uno dei passi fondamentali alla creazione dell’Unione Europea fu la costituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, un patto che riuniva Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. Inoltre, come si accennava parlando della situazione in Italia, è importante, se non cruciale, anche la scelta della fonte di energia con cui viene sostituito: se ci si affida al gas naturale, stiamo solo lasciando un generatore di riscaldamento globale per un altro.

 

Foto di Mario Fornasari, via Flickr