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Vittoria legale finale definitiva per l’attivista Cédric Herrou, dopo oltre quattro anni di procedimento

È la fine di una lunga battaglia legale e una vittoria per l’attivista della valle della Roya, nelle Alpi Marittime, Cédric Herrou, emblematico difensore della causa dei migranti. Mercoledì 31 marzo la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale a seguito dell’assoluzione, il 13 maggio 2020, da parte della Corte d’Appello di Lione.

Herrou era stato perseguito in particolare per aver favorito l’ingresso, il movimento e il soggiorno illegali di persone straniere in Francia. «Questa è un’ottima notizia» e una «vera sconfitta per l’accusa», ha commentato uno dei suoi avvocati, Patrice Spinosi. «L’assoluzione di Cédric Herrou è ormai definitivamente acquisita e non può più essere messa in discussione», ha aggiunto.

La sentenza della Corte di Cassazione pone fine a più di quattro anni di procedimenti in cui l’agricoltore di Roya, 41 anni, ha dovuto comparire in tribunale non meno di cinque volte. Se questa vicenda ha trovato un’eco importante e un simbolo forte nella persona di Cédric Herrou, ha rianimato un vecchio dibattito, quello sul “reato di solidarietà“, e ha mostrato al mondo l’inadeguatezza di norme di chiusura tout court nella gestione del fenomeno migratorio.

Il caso inizia nell’ottobre 2016, quando i gendarmi individuano, a Saint-Dalmas-de-Tende (Alpi marittime), un ex magazzino Sncf (le ferrovie transalpine) non occupato con all’interno 57 persone presunte straniere, fra cui 29 minori. La procura di Nizza decide di aprire un’indagine contro Herrou, nominato principale organizzatore della vicenda. Sarà anche accusato di aver trasportato migranti da Ventimiglia, in Italia, verso la Francia e di averne ospitati vari nei suoi terreni.

In primo grado, nel febbraio 2017, Herrou è stato dichiarato colpevole e condannato a una multa di 3.000 euro. La sua pena è stata aumentata in appello, dove ha ricevuto questa volta, nell’agosto 2017, una pena detentiva di quattro mesi con sospensione condizionale. L’attivista ha presentato ricorso alla Corte Suprema. Il caso prende quindi un’altra svolta. In questa occasione viene trasmessa al Consiglio costituzionale una questione prioritaria di costituzionalità (QPC). Ai “saggi” viene chiesto di decidere la seguente domanda: la legge che definisce le norme relative all’assistenza alle persone in situazione irregolare è conforme alla Costituzione, testo supremo nell’ordinamento giuridico francese?

Nel luglio 2018 i giudici costituzionali sanciscono che la solidarietà non può essere reato: «L’aiuto disinteressato al soggiorno irregolare non è passibile di conseguenze giuridiche». Poche parole per tirare un segno rosso sulle recenti leggi approvate dal governo di Parigi volte a incriminare anche chi si fosse reso soggetto partecipe di un aiuto nei confronti di coloro che attraversano in maniera clandestina la frontiera. In Francia va dunque in soffitta, speriamo per sempre, il delitto di solidarietà, obbrobrio giuridico e ossimoro verbale creato per castigare chi accoglie in casa il prossimo.

Per la giustizia francese, Cédric Herrou è dunque ora un attivista umanitario che difende il «principio di fraternità» e non un trafficante di migranti. 

Herrou ha subito commentato la decisione su Twitter, scrivendo: «Sono decisamente felice. Dopo 11 arresti di polizia, 5 perquisizioni e 5 processi e 5 anni di lotte. La solidarietà non sarà più un crimine». Per l’altra sua avvocata, Sabrina Goldman, «è una vittoria finale che conferma il fatto che Cédric Herrou non ha fatto altro che aiutare l’altro. Nella nostra Repubblica la fraternità non può essere un crimine».

Il suo caso non è l’unico in Francia, ma è stato il più celebre, sia per i numeri dell’accoglienza da lui messa in atto, sia per il risalto mediatico ottenuto. Si stanno risolvendo tutti i casi con assoluzioni piene. E tutti questi casi stanno mostrando la distanza fra la realtà fatta di accoglienza, messa in atto da singoli o da miriadi di associazioni volontarie, e le norme concepite nel chiuso dei palazzi, da politici completamente distanti dalla realtà.

In Italia abbiamo la recente novità di una accusa simile rivolta a Gian Andrea Franchi, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina al confine italo-sloveno. Chissà se anche da noi toccherà ai giudici ricordare alla politica l’articolo 3 della nostra Costituzione, e magari anche il 10, e ancora una volta anticipare il Parlamento nell’applicazione di norme di fatto, di buon senso, o come si vogliano definire. Al di là di slogan e propaganda.