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Con che coscienza: le parole inusuali di Mario Draghi

La conferenza stampa di Mario Draghi dell’8 aprile scorso ha avuto un valore rivelatore, epifanico.

 In primo luogo perché ha rivelato quello che tutti sapevamo, cioè che qualcosa di anomalo stava succedendo nel processo di vaccinazione in Italia. La sua esasperante lentezza, innanzi tutto, e il fatto sconcertante che proprio le classi d’età più anziane, e quindi più esposte ai rischi estremi della malattia, fossero state vaccinate in misura molto minore di classi più giovani, i sessantenni e settantenni molto meno dei trentenni e quarantenni, ad esempio. Non solo: in molte regioni si sono verificati gravi abusi e favoritismi, in chiave di “familismo amorale” e mafioso; in altre, le corporazioni più forti (dagli avvocati ai magistrati, dagli psicologi ai dirigenti di aziende farmaceutiche) sono passate avanti a quelle più deboli e ancora una volta agli anziani più a rischio  [In proposito si registra una presa di posizione da parte dell’Ordine degli psicologi, che ha fatto rilevare come tale categoria rientri a tutti gli effetti nell’ambito sanitario e i suoi iscritti siano esposti ai rischi da incontro con i pazienti, per cui il vaccino è per loro non solo un diritto ma un obbligo, nda]….

Le parole di Mario Draghi sono state rivelatrici, nella loro spontaneità, a braccio, anche per un altro motivo. Non solo per la forza della denuncia esplicita, ma anche perché hanno lanciato un richiamo, chiaro e appassionato quanto inusuale, alla coscienza e alla responsabilità individuali.

 “… Ma con che coscienza la gente salta la lista e si fa vaccinare, sapendo che lascia esposta al rischio concreto di morte una persona fragile …Questa è la prima domanda che uno si dovrebbe fare, prima di farla al Governo, alle Regioni …”

Si tratta di parole pesanti, di domande scomode, di un richiamo assolutamente insolito nel contesto politico italiano, inudito sinora, direi estraneo alla cultura politica del paese.

Qualcosa di certamente controproducente dal punto di vista del consenso elettorale. Qui si è soliti scaricare tutte le responsabilità su Stato e enti pubblici, sentiti come estranei, mai sui nostri comportamenti. La colpa è sempre degli altri, o di entità lontane e ostili.

Qualcosa di simile è avvenuto quando i movimenti dei giovanissimi, soprattutto nel Nord Europa e in Germania, hanno affrontato i problemi ambientali e del cambiamento climatico in modo pragmatico e investendo i comportamenti individuali di ognuno: riducendo concretamente gli sprechi, ad esempio, e piantando alberi.

La sensibilità e la cultura protestanti dovrebbero essere attente e recettive, a mio avviso, a questi segnali e a questi richiami, perché la responsabilità individuale ne è una componente essenziale. Assumere le nostre responsabilità, come i nostri limiti, è una ricchezza della nostra storia, che dovremmo mettere a frutto nella vita della polis.

 

Foto di Mario Draghi,a via sito del World Economic Forum