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Una voce profetica in difesa dei diritti dei gruppi sociali più vulnerabili

Cinquanta anni e sposata con due figlie, dal 2018 Marinez Rosa dos Santos Bassotto è vescova della diocesi dell’Amazzonia della Chiesa episcopale anglicana del Brasile (Ieab) – provincia brasiliana della Comunione anglicana, con circa 120mila membri – e prima anglicana ad assurgere all’episcopato nell’America del sud. 

Quali conseguenze ha avuto per l’Amazzonia l’arrivo al governo del presidente Jair Bolsonaro?

L’attuale governo guarda alla regione come un enorme serbatoio di ricchezze da sfruttare. Lo svuotamento degli organi di protezione ambientale e la sottovalutazione della devastazione hanno favorito nel 2019 la peggiore ondata di incendi in Amazzonia degli ultimi anni, di cui l’Istituto nazionale di ricerca spaziale (Inpe) continua a segnalare l’aumento. Questi roghi sono in gran parte opera da dell’agrobusiness, dei grileiros (chi falsifica documenti per acquisire illegalmente terre libere o di terzi – ndt) e dei garimpeiros (cercatori d’oro illegali – ndt), ma l’escutivo ha accusato gli ambientalisti. A questo si aggiungono la violazione dei diritti delle popolazioni indigene, fluviali e quilombolas (formate da discendenti degli schiavi afrobrasiliani fuggiti dalle piantagioni nel XVI-XVIII secolo – ndt), già prive di protezione statale e diventate ancora più vulnerabili negli ultimi tre anni, come dimostra la diffusione del covid-19, che ha fatto centinaia di morti. Uno degli esempi è il Quadro Temporale, attualmente all’esame del Tribunale supremo federale, secondo cui sarebbero considerate terre indigene solo quelle occupate dai popoli originari al momento della promulgazione della Costituzione del 1988, ignorando i territori da cui essi erano stati cacciati e lasciando mano libera ai latifondisti.

La Ieab ripudia questa politica di morte, cercando di essere solidale col dolore del popolo dell’Amazzonia e difenderne la vita e i diritti.

Che pensa della proposta di “internazionalizzare” l’Amazzonia, cui i militari brasiliani si oppongono con forza, accusando le Chiese cristiane di perseguirla quando contrastano lo sfruttamento indiscriminato e l’integrazione delle comunità indigene?

La discussione sull’internazionalizzazione dell’Amazzonia, ricorrente dalla metà degli anni ’80, è stata riaperta dal presidente francese, Emmanuel Macron, di fronte all’aumento degli incendi nel 2019, poiché una riserva naturale così importante per tutta l’umanità e terreno di conflitto tra i grandi progetti estrattivi nazionali e internazionali (miniere e legname), la produzione di energia idroelettrica, l’agrobusiness, e la pressione sociale per una politica nazionale di conservazione e protezione ambientale, non potrebbe essere sottomessa al desiderio di un proprietario o bruciata per il capriccio di un paese

Io difendo con tutte le mie forze la sua preservazione socioambientale, ma non appoggio l’internazionalizzazione dell’Amazzonia, perché essa fa parte dell’essenza del Brasile e si potrà garantirne la conservazione solo facendo pressione sullo Stato affinché eserciti questa sovranità in modo responsabile, democratico e cooperativo. Il primo passo in tal senso è il riconoscimento dei diritti dei popoli della foresta sulla loro terra.

Che cosa significa essere Chiesa anglicana in Amazzonia, per la sua evangelizzazione, la sua catechesi, il suo modo di relazionarsi con le culture indigene?

La diocesi anglicana dell’Amazzonia copre il 42 per cento del Brasile, un territorio enorme, tanto che se fosse uno Stato sarebbe il settimo più grande del mondo. Ma la nostra struttura è piccola: 6 membri del clero per tre parrocchie, due missioni e cinque Punti missionari sparsi in tre dei cinque Stati brasiliani (Acre, Amazonas, Amapá, Pará e Roraima) che ne fanno parte. Alcune nostre comunità fluviali, indigene e quilombolas non hanno neppure il tempio, per cui le celebrazioni avvengono sotto gli alberi o nelle case dei fedeli.

Realizziamo un’azione diaconale prioritaria con gli indigeni, sostenendone le artigiane a Manaus e garantendo borse di prodotti di prima necessità alle famiglie intorno alla città oltre a quelle di cinque comunità di diverse etnie: Associazione delle donne indigene dell’Alto Rio Negro, Comunità indigena Wotchimaücü (Tykuna), Parque das Tribos (Tarumã), Comunità indigena di Tarumã-Açú (villaggi Gavião e Yupurangá) e nella regione del fiume Cuieiras. Lavoriamo anche coi bambini nella città di Ulianópolis, con le comunità lgbt e i rifugiati venezuelani (waraos) a Belém. Facciamo parte di tutti i comitati di dialogo ecumenico e interreligioso della regione e grazie all’aiuto della diocesi di California, manteniamo un corso per la formazione di leader sociali.

Noi testimoniamo la sequela di Cristo stando vicini al popolo di Dio. Le sfide di proclamare e vivere il Vangelo in Amazzonia e di essere una Chiesa missionaria, inculturata e profetica in mezzo a questo popolo sono innumerevoli. La gente ha bisogno di cibo, riparo, amore, verità, giustizia, senso della vita e speranza, soprattutto di poter immaginare un futuro in cui sia garantita la sua piena dignità.

La nostra testimonianza come anglicani e anglicane on Amazzonia trova la sua ispirazione nel ministero di Gesù presente nel cuore della missione di Dio (Missio Dei) e si traduce nella denuncia di ogni mancanza di rispetto dei popoli e dell’ambiente, nello sforzo di testimoniare a parole e coi fatti l’amore, nella lotta per la pienezza di vita per tutte le persone, alzando con coraggio una voce profetica in difesa dei diritti dei gruppi sociali più vulnerabili.